Dublino, quasi mezzanotte del 3 settembre 1994, Tivoli Theatre: una band di cinque ragazzi di Manchester con fare arrogante di chi sa cosa vuole sale sul palco e i mille fortunati impazziscono, calici di birra e sigarette vengono scaraventati sulle teste della folla in delirio creando un clima da anni 70 che mi ricorda una scena del film THE DOORS di Oliver Stone.
Che c’è di strano? Stiamo parlando degli Oasis, una band che avrebbe suonato davanti a migliaia di persone a Knebworth solo 2 anni dopo, riempito Wembley, venduto milioni di dischi negli anni 90 e continuato fare buoni dischi e grandi tour fino all’agosto del 2009.
Il fatto strano è che al 3 settembre del 1994 gli Oasis avevano pubblicato il loro primo LP Definitely Maybe da appena tre giorni, e ben conosciuti ed ascoltati in radio erano solo i primi 3 gloriosi singoli Supersonic, Shakermaker e Live Forever (nei negozi in quei giorni) ma le date in Gran Bretagna di quel periodo e dei mesi precedenti erano andate quasi sempre sold out come lo sarebbero state le successive in Giappone sempre di quel settembre. I posti scelti per suonare ovviamente non erano di grande capienza ma il fatto di riempirli quasi sempre era testimonianza del fatto che la leggenda e la pazzia per il gruppo era già cominciata e non può non sorprendere pensare che questo accadesse praticamente prima della pubblicazione effettiva del loro primo album. Questo accadeva in anni in cui si vendevano milioni di copie e i tour servivano per promuovere i dischi (oggi si fanno dischi anche per promuovere tour…).
Ho la fortuna di essere là, al momento giusto e nel posto giusto e per questo devo ringraziare il mio caro amico Francesco che in un pomeriggio afoso di giugno mi invita a casa sua, mette sul piatto il 45 giri di Supersonic ricevuto in allegato alla rivista New Musical Express e alle prime note dice:”senti che sound, questi a differenza di tanti gruppi inglesi di questo periodo potranno suonare negli stadi”, mai pronostico sarebbe stato più azzeccato…..
Mi basta poi ascoltare il verso “Can I ride with you in your B.M.W ? You can sail with me in my yellow submarine” per farmi incuriosire e coinvolgere.
Io e Francesco avevano in programma qualche giorno in Irlanda tra fine agosto ed inizio settembre e non fu difficile convincermi a comprare i biglietti per lo show al Tivoli del 3 settembre.
C’era solo un ostacolo che mi lasciava un minimo di titubanza: quella stessa sera suonavano al Whelan’s, un pub di Dublino, gli An Emotional Fish, un gruppo che amavo e che stava intraprendendo la fase calante della loro relativamente breve carriera; un gruppo che per me ha avuto meno successo di quello che forse avrebbe potuto e dovuto avere, ma questa potrebbe essere un’altra storia…
Ci informiamo e sembra esserci la possibilità di assistere ad entrambi gli show perché quello al Whelan’s sarebbe iniziato verso le 10 mentre gli oasis sarebbero saliti sul palco intorno a mezzanotte, per non rischiare di perdere l’inizio del concerto usciamo dal Whelan’s (con qualche mia resistenza) mentre gli An Emotional Fish stanno suonando All I Am, l’ultimo pezzo, e saliamo con tasso alcolico abbastanza elevato su un taxi con direzione Tivoli Theatre. Arrivati al Tivoli con l’adrenalina e l’euforia da alcol in calo fatico a capire dove mi trovo, mi accorgo però del clima di festa che prelude ad un successo sicuro.
Si spengono le luci e salgono sul palco Liam e Noel Gallagher con il loro taglio di capelli che mi ricorda subito i Beatles e George Best accompagnati da quelli che più che rock stars sembrano compagni di bevute nei pub di Manchester: i mitici Paul “Bonehead”Arthurs (chitarra ritmica), Paul “Guigsy” McGuigan (basso) a Tony McCarroll (batteria).
Questi erano i primi Oasis quando tutto ebbe inizio, Tony fu allontanato da Noel qualche mese dopo per divergenze artistiche e personali e nel 1999 vinse una causa che gli fece di intascare 600 mila sterline a risarcimento del danno che non gli permise di partecipare ai primi fortunati album della Band; Bonehead e Guigsy lasciarono in buoni rapporti nel 1999 perché stufi dei tour e di quella vita per essere sostituiti da musicisti di altro spessore artistico come Andy Bell e Gem Archer.
Lo show si apre con Columbia, un pezzo incredibilmente bello che non sarebbe stato neppure un singolo e la gente impazzisce, suonano gran parte dello show a luci accese e ad un volume assordante che manda quasi in distorsione i suoni, ma questo non fa altro che aumentare il delirio generale.
Difficile a distanza di 17 anni cercare di ricordare e rivivere le sensazioni di quella notte e tentare una sorta di recensione anche perché come già scritto stavo assistendo allo show di un gruppo nuovo di cui conoscevo solo 3 canzoni, arrivavo da un altro concerto con non totale lucidità ed il volume e il casino non rendevano l’ascolto agevole. Sinceramente ammetto che ho riconosciuto dopo parecchie note la cover con cui chiudevano il concerto: I Am The Walrus, uno dei miei pezzi favoriti dei Beatles……
Quello che però è indimenticabile è il clima di festa che si respirava, la certezza che si stava ascoltando un gruppo che stava arrivando e sarebbe certamente arrivato a lasciare il segno nella storia della musica mondiale. Un gruppo con un sound che era quello che la gente aspettava e voleva in quegli anni. Un gruppo che sarebbe stato amato alla follia dai loro fans e odiato dal resto del mondo e mi permetto di affermare che nella musica e nell’arte in genere solo le cose grandi dividono in maniera così evidente.
In questo contesto si inserisce certamente il modo di porsi di Liam Gallagher sul palco, non appena inizia il concerto mi colpisce vedere un cantante immobile che canta leggermente piegato sul microfono e con le mani dietro la schiena; per chi lo odia un atteggiamento da coglione, per chi lo ama un simbolo della sfrontatezza della loro musica e credo per tutti una delle posture più iconografiche della musica dal 1994 ad oggi.
Tornando allo show di Dublino ricordo un siparietto curioso in cui proprio Liam nella pausa tra un brano ed un altro venne quasi alle mani con un ragazzo ubriaco in prima fila reo di essersi sporto troppo e avergli strappato la camicia da “fuckin’ 15 pounds” come disse al microfono. Il malcapitato si ruppe un dito nella mezza parapiglia ma intervistato qualche mese dopo su NME disse che quella era stata la serata più bella della su vita: questi erano gli Oasis!
Suonarono per circa un’ora scarsa questa scaletta:
COLUMBIA
SHAKERMAKER
FADE AWAY
DIGSY’S DINNER
LIVE FOREVER
ROCK ‘N’ ROLL STAR
UP IN THE SKY
SLIDE AWAY
CIGARETTES & ALCOHOL
SUPERSONIC
I AM THE WARLUS
Liam cantava divinamente come non avrebbe più fatto col passare degli anni, era la voce e la faccia giusta per quel gruppo in grado di esprimere alla perfezione le grandi composizioni del fratello, vero artista e boss della band nonché, a mio parere, grandissimo cantautore in grado di dare straordinaria musicalità ai testi a prescindere dai contenuti che lo stesso Noel ha definito molte volte come inesistenti. Versi come “Maybe I don’t really wanna know how your garden grows cos I just wanna fly” o “Because maybe you’re gonna be the one that saves me and after all you’re my wonderwall” non hanno raccontato di questioni sociali o parlato di rivoluzioni, ma sono comunque entrati nella testa di milioni di persone, non necessariamente hard core fans, specialmente in Gran Bretagna, dove i pezzi degli Oasis degli anni 90 sono “classici” a prescindere dai gusti e dalla competenza musicale.
Sono convinto che molti appassionati di musica sottovalutino la capacità compositiva e lo spessore aritistico di Noel perché distratti per anni dall’approccio decisamente poco simpatico e l’aspetto caratteriale del gruppo.
Gli Oasis tra il 1994 e 1997 sono stati senza dubbio la miglior band a livello mondiale; tutto ha funzionato perfettamente: l’immagine, il sound, la richiesta del pubblico e anche (perché no?) una grande operazione di marketing che per me non guasta mai (i più grandi gruppi della storia della musica hanno sempre avuto alle spalle grandi strateghi di economia musicale).
Li ho rivisti tante volte, ho avuto la fortuna di lavorare per loro in discografia, ma li sento come una band particolarmente “mia” proprio per il concerto di Dublino in cui pur capendoci poco o quanto meno non tutto, per quei 55 minuti ho avuto la felice sensazione di vivere l’inizio di una storia importante. Non avevo mai vissuto un feeling del genere e mai più mi sarebbe capitato, anche perché ci vuole un discreto culo.
Credo di poter dire che pochi altri gruppi in epoca recente siano stati in grado di identificare un movimento di costume e di modo di porsi nei confronti della musica da parte dei propri fans come hanno fatto gli Oasis. I fans degli Oasis sono diversi dai fans degli altri gruppi, hanno un concetto di appartenenza di identificazione con la band che non capita di vedere scrutando modi, mode e parole di appassionati di altre band.
In gioventù non mi è mai venuto in mente di tagliarmi i capelli come Liam, non sono mai andato ad un loro show vestendo una maglietta union jack o una t-shirt del Manchester City ma li ho sempre difesi (quando necessario) alla follia, ben sapendo di sopravvalutarli a volte per un principio di autosuggestione positiva che un appassionato di musica può e per me deve avere.
Gli Oasis non sono il mio gruppo/artista preferito ma certamente quello che amo di più.
Fonte: http://www.suburbs.it/site/2011/03/21/oasis-linizio-della-storia-e-della-gloria
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