venerdì 4 marzo 2011

Beady Eye live a Glasgow, recensione dell'Independent

La vita dopo gli Oasis - E Liam è ancora una rock'n'roll star

3 stelle su 5

Sicuramente non è stata una coincidenza il fatto che Liam Gallagher abbia scelto il luogo più ardente di Glasgow per il suo esordio dal vivo con il suo progetto post-Oasis. La sua vecchia band ha avuto nel corso degli anni alti e bassi, ma questa città ha sempre fatto sentire la sua voce quando si è trattato di riconoscere la loro padronanza di sé supremamente incrollabile.

Quello che doveva fare era presentarsi lì ed essere se stesso, e così un'accoglienza da delirio sarebbe stata assicurata.

I Beady Eye sono saliti sul palco sulle note di I Am the Resurrection degli Stone Roses (appropriata, visto il bisogno tacito di Liam di porsi come unica stella di quello che una volta era uno show di due Gallagher) e la folla già assiepata ha salutato il cantante inneggiando al suo nome. In cambio lui ha concesso loro una delle entrte più raffinate, un'andatura lenta e ciondolante verso il microfono e poi un'accusa: "Dateci ancora più dentro, cazzo!". Tutti hanno puntualmente obbedito. Il re è sicuramente tornato, per quello che riguarda la gente.

Sostenuto da una live band di cinque elementi che comprende tutti i componenti degli Oasis prima dello scioglimento ad eccezione di colui che ha lasciato la band, Noel, Liam ha dato il calcio di inizio con Four Letter Word. Èstata un'apertura aggressiva e fiduciosa del cantante in giacca Barbour. "Nothing ever lasts forever", "niente dura mai per sempre", dice il testo in modo elegante. "A four-letter word really gets my meaning", "una parola di quattro lettere esprime davvero quello che voglio dire". Come sempre, malgrado la linea di abbigliamento e i milioni in banca, Liam Gallagher dal vivo sul palco ricorda ancora una bestemmia divenuta carne primordiale.

Quei vecchi punti di riferimento restano intoccabili, come dimostrato dalla seconda canzone, uno strascichio da gruppo beat accelerato sino ad un passo ossessivo e denominato "Beatles & Stones". È stato, ad essere cattivi, uno dei momenti chiave della setlist, un omaggio alla gamma relativamente ristretta di influenze cui Gallagher fa riferimento, ma ancora lontano anni luce dalla Hey Jude carica di archi e dalla Imagine che gli Oasis ci rifilavano negli anni di un passato ormai morto.

Qui bisogna dare atto alla band di suonare come qualcosa che è rinfrescante in modo incoraggiante, un'affermazione che si poteva fare molto raramente riguardo agli ultimi Oasis. Ovviamente qui non c'era nulla che potesse alienare il devoto di lunga data che era stato a Knebworth, ma guardandoli ti accorgi che i Beady Eye si trovano in quella condizione unica di possedere impeto iconico quando si sono appena liberati dal peso del loro passato.

La scaletta ha spaziato dalla grandiosa psichedelia floydiana al piacevole tintinnio di For Anyone. Quest'ultimo pezzo e The Roller, una canzone del ritorno che ha osato proseguire con la sua andatura, sono venute tutte all'inizio della scaletta e sono state salutate con il più glaswegiano dei gesti di gradimento, il lancio del bicchiere (di plastica) di birra.

Era stata chiaramente presa la decisione di non suonare canzoni degli Oasis. È stata una scelta coraggiosa e rispettabile, anche se questo ha significato una scaletta di una sola ora che ha accusato un periodo di "raccolto magro" verso la metà. Gallagher, però, ha commentato con un succinto "Bene, questa è un'altra canzone nuova", prima dell'epica The Beat Goes On, simile a All the Young Dudes, e ha proclamato: "Seguiteci, l'anno prossimo ne avremo altre". Questa è una band da seguire più per divertimento che per forza d'abitudine.

David Pollock - The Independent - traduzione by frjd

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