lunedì 7 marzo 2011

Video e recensione: Beady Eye a Manchester

Alcuni video sotto il post

Liam Gallagher è davvero l'ultima rimasta delle rock star vecchia scuola? Dov'è andata a finire tutta la grande musica?

La musica degli Oasis ha fatto da colonna sonora alla generazione Y, una generazione che aveva bisogno di un po' di magia, di speranza nella Gran Bretagna piena di problemi degli anni Novanta.

Superstite al naufragio degli Oasis, Liam s'è portato con sé il resto della band ad eccezione di ourkid, suo fratello, e ha creato i Beady Eye, erigendo un sacrario agli anni Sessanta. Un periodo in cui le cose erano più semplici e la gente credeva nel potere redentore della music, quando vestirsi bene e avere un taglio di capelli stiloso poteva cambiare il mondo.

Sui Beady Eye vengono dette un sacco di cose e tutte contraddittorie. Liam Gallagher divide l'opinione della gente, ma non oggi all'Apollo, dove il calor bianco dell'adorazione viene fornito in una dose maggiore del solito per il figliol prodigo che ritorna nella sua città natale.

È una faccenda molto settentrionale, dai vestiti al rock'n'roll in cui mi imbatto stasera: Kev da Leigh pretende che queste cose siano grandiose, Joe da Rochdale ama l'album e ha una ragazza che sarà bello, un gruppo di scouser (gente di Liverpool, ndr) ha gli Oasis tatuati. La sala è zeppa di gente con i capelli pettinati in avanti, vestiti alla moda, vestiti modesque mischiati con abiti larghi e sformati, tutti che fanno la camminata da spaccone. È questa la gente che crede ancora nel potere del rock'n'roll e che si prepara a qualcosa.

Quando la band sale sul palco percepisci il calore. Liam Gallagher ha il DNA di star e irradia quella coolness spavalda che copre persino i nervi a fior di pelle. A lui serve perché, stranamente, i Beady Eye sono ancora una band nuova. L'album è uscito da cinque giorni e anche se un po' di roba è trapelata su Internet la gente sta ancora familiarizzando con i testi. "Non vi preoccupate se non conoscete le parole, non le conosco neanche io", scherza Liam mentre la folla accompagna comunque in coro.

La scaletta è corta e deliziosa: è tutto l'album, con in più la cover della geniale Sons Of The Stage dei World Of Twist e senza Wigwam, uno dei punti più alti dell'album: credo che quelle multistratificazioni sonore siano ardue da riprodurre dal vivo.

L'album è un misto di canzoni rock e di inni che funziona perfettamente. Ben presto diventa fin troppo evidente che questo è un nuovo Liam. Mostra quella vulnerabilità che ha reso l'album dei Beady così speciale. Ora sembra più aperto e meno guardingo nel modo di cantare e persino nel modo in cui si muove sul palco. Non che abbia perso il suo taglio: fa ancora quell'occhio figo, morto, quello sguardo impassibile che fissa il pubblico e ha ancora le mani dietro la schiena, ricurvo verso il microfono, quasi ad assaltarlo..

Il resto dei Beady Eye sono l'altra carta di briscola, musicisti consumati. Ora che Andy Bell è tornato alla chitarra lasciando il basso il sound è fottutamente asciutto, con quella rilassatezza ritmica fornita da Chris Sharrrock, che conferisce alla band il suo tratto distintivo.
I pezzi rock come Standing On The Edge Of The Noise rendono perfettamente l'idea degli Slade a passo pesante in connubio con il White Album dei Beatles. La traccia di apertura, Four Letter Word, è quasi Pistoliana nella sua spavalderia frullante, mentre Beatles And Stones alza l'asticella in modo ambizioso, autodichiarando lo status di band leggendaria in uno spettacolo di spacconeria settentrionale che si rifa agli Stone Roses, un'altra band che aveva fiducia in sé.

The Roller forse si ricollega al riff preferito di Lennon, che John usò per All You Need Is Love e Instant Karma, ma lo stesso Lennon si agganciò a Three Blind Mice (I tre topi ciechi, filastrocca londinese). I Beady Eye sanno che quello che conta è ciò che fai con il riff. Se vieni qui non compri originalità, compri sentimento, calore, un po' di umanità nella grande fregatura della cultura moderna. E i Beady Eye vestono la loro umanità sulla pelle, nel loro amore toccante per i classici e la convinzione che il rock'n'roll britannico d'alta marea possa risolvere ogni cosa ++ piuttosto toccante.

Se c'è una parte in cui si perde qualcosa è nelle acrobazie capricciose di The Beat Goes On, la mia preferita del disco, che è cantata da Liam con innocenza infantile e convinzione commovente, ma perde il mellotron, che è la chiave del sound della canzone. Un Liam che fa emergere nella sua voce la sua meraviglia infantile nei confronti del mondo e la sua innocenza.

L'ultima canzone della scaletta, The Morning Son, il brano che forse parla del rapporto infranto con Noel, funziona alla perfezione, salendo sempre più sino alla chiusura cruciale guidata da Chris Sharrock. È un sentimento di meraviglia nei confronti del mondo che si rifa davvero alla fantastica All Things Must Pass di George Harrison. È tutta piuttosto sbalorditiva. È anche l'unico vago riferimento ad ourkid: fortunatamente non ci sono commenti di scherno, nessuna critica. Il pubblico rispetta ancora Noel e chiede costantemente del suo album. Dal punto di vista creativo la divisione è forse la cosa migliore che potesse capitare alla band.

La critica contesta alla band la mancanza di originalità, ma i Beady Eye, come gli Oasis, sono riusciti ad intrecciare le loro influenze nel loro cammino e il loro amore per i classici ha senso nella Gran Bretagna dove tutti fregano, dal governo alle banche, e dove forse avere qualcosa così, qualcosa di solido come una roccia, ha senso. Per un'ora la gente ottiene quello che aveva sempre desiderato almeno per una volta e che i Beady Eye hanno dato.

tradotto da frjd - louderthanwar.com


Stasera nuovo appuntamento con i Beady Eye dal vivo all'Apollo di Manchester.

BEADY EYE LIVE IN MANCHESTER - 6 marzo 2011

Vedi anche Video dei Beady Eye a Manchester, prima serata






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