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sabato 29 maggio 2021

Stasera la finale di Champions: Man City-Chelsea è Oasis contro Blur. E c'è chi spera nella reunion degli Oasis in caso di vittoria del City il giorno del compleanno di Noel Gallagher

Stasera a Oporto va in scena la finale di UEFA Champions League, la principale competizione calcistica d'Europa per squadre di club. Si affrontano il Manchester City di cui sono tifosi Liam e Noel Gallagher, alla prima finale nella competizione, e il Chelsea, già vittorioso nel torneo nel 2012. Liam e Noel sono entrambi allo stadio e oggi è il compleanno di Noel, per cui non manca chi spera che una vittoria del City possa sciogliere il cuore di Noel e spingerlo alla reunion con il fratello.

Di seguito un articolo comparso su Il manifesto di oggi.

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Il binomio calcio e musica è uno dei capisaldi della cultura popolare britannica, fin dal secolo scorso. Si dice che quando le hit dei favolosi quattro di Liverpool iniziarono a riecheggiare sulle affollate gradinate di Anfield questa relazione fu ufficialmente consacrata, ma è indubbio che queste due passioni popolari andassero a braccetto anche da prima.

Difficile allora non leggere la finale di Champions League tutta inglese tra Manchester City (favorita) e Chelsea (giunta un po’ a sorpresa all’atto conclusivo) in programma oggi a Oporto sotto una lente anche musicale, tirando in ballo le due band più iconiche del Brit Pop anni Novanta. Ovvero gli Oasis e i Blur, la Madchester molto working class dei litigiosissimi fratelli Gallagher contro la Londra sofisticata di Damon Albarn e dei suoi accoliti. È un po’ la rivincita, e che rivincita, dell’ormai lontana estate 1995, quando non c’erano ancora gli mp3 e i due gruppi si sfidarono all’ultimo sangue a colpi di singoli. Il 14 agosto fu emesso il verdetto che, come si dice enfaticamente in questi casi, tenne con il fiato sospeso la nazione: Country House dei Blur superò per 274mila copie vendute a 216mila Roll with it degli Oasis. In realtà per i londinesi fu una sorta di vittoria di Pirro, dal momento che il loro album The Great Escape ebbe meno successo di quello dei rivali, (What’s the Story) Morning Glory?, che fece entrare i ragazzi di Manchester nell’iperuranio della musica pop.

Se vogliamo anche le traiettorie delle due band non furono più troppo allineate, perché fino allo scioglimento causa «dissidi familiari» nel 2009 gli Oasis erano avanti con un certo margine a livello di popolarità globale.

Più esplicito anche il loro legame con il football e con il City in particolare. A cominciare dalla cover del disco d’esordio Definitely Maybe, in cui appare la scapestrata ex stella del City Rodney Marsh, proseguendo per i primi mitici concerti al defunto Maine Road, la vecchia e tanto amata casa dei Light Blues, fino all’esplosione definitiva con le canzoni più famose a fare da colonna sonora al nuovo City of Manchester Stadium e l’amicizia con Pep Guardiola e altri esponenti della squadra. Come è nello stile dei Gallagher, il loro è un tifo strabordante, sopra le righe e che non lesina contumelie nei confronti dell’avversario. Un po’ come accadde quella celeberrima estate del 1995, con inopinati riferimenti a brutte malattie come l’AIDS, anche se ora gli screzi tra le due fazioni pare si siano molto ridimensionati. Damon Albarn è più discreto nella sua professione di fede calcistica, sebbene sembra sia abbonato al Chelsea da oltre due decenni e di certo non si sarà limitato nei festeggiamenti per la vittoria in Champions League del 2013, l’unica finora nella storia dei Blues. Una gioia «condivisa» con Phil Daniels, il protagonista del film di culto Quadrophenia e dell’altrettanto di culto canzone dei Blur Parklife, cantata insieme al buon Damon, ma non con gli altri membri della band, dei quali nessuno sostiene il Chelsea.

La disfida di Oporto potrebbe rappresentare invece la definitiva affrancazione dalla mediocrità calcistica degli ex «vicini rumorosi», come il grande allenatore del Manchester United Alex Ferguson definiva in maniera sprezzante i rivali cittadini prima che arrivassero i petrodollari dello sceicco Mansur. Dopo cinque campionati e innumerevoli coppe vinte negli ultimi dieci anni, infatti, adesso al City manca l’affermazione più ambita.

Certo, negli anni Novanta sia i Gallagher che Albarn erano molto più convinti di arrivare ai vertici delle charts che le loro squadre potessero sbaragliare la concorrenza in Europa.

Ma la Premier League era solo agli albori e nessuno aveva mai sentito mai parlare di uno sceicco di Dubai o di un oligarca russo di nome Roman Abramovic. Anzi, se il Chelsea almeno stava ridiventando glamour e di lì a poco avrebbe accolto eroi nostrani come Luca Vialli e Gianfranco Zola, il Manchester City era la squadra perdente per definizione. Altri tempi, davvero.

Source: Il manifesto

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mercoledì 24 giugno 2020

Liam Gallagher, la potenza acustica degli Oasis (Il manifesto)

Questo disco nasce il 23 agosto 1996: alla Royal Festival Hall gli Oasis si esibiscono per MTV Unplugged, ma al centro del palco c’è Noel Gallagher, chitarrista e principale autore delle canzoni, e non il fratello cantante Liam, che assiste dalla balconata. Pare che Liam non fosse in grado di esibirsi a causa degli eccessivi festeggiamenti dopo l’incredibile concerto di Knebworth, dove avevano suonato davanti a 250.000 persone in due serate (e avevano ricevuto richieste di biglietti per dieci volte tanto). Secondo i biografi dei due litigiosi fratelli di Manchester è l’inizio della fine per la band che aveva dominato il Brit-Pop alla metà degli anni ’90. Ventiquattro anni dopo, e con una carriera solista finalmente sui giusti binari, Liam chiude il cerchio con la pubblicazione del suo MTV Unplugged (Warner Records), registrato la scorsa estate a Hull.

SONO DIECI CANZONI, e viene da aggiungere, «solo» dieci. Si parte con Wall of Glass, dall’omonimo album del 2017, e si chiude con una ottima versione di Champagne Supernova, il brano che chiudeva (What’s the story) Morning Glory? In mezzo, una selezione di brani dalla discografia degli Oasis e da quella solista. Tra i primi, merita una segnalazione Stand by Me, che mantiene la stessa freschezza e potenza lirica e sonora del 1997; tra i secondi, una intensissima Once, con tanto di accompagnamento di archi, dall’omonimo album del 2019. C’è anche spazio per Sad Song, pezzo degli Oasis delle origini, che originariamente era cantata dal fratello Noel.

Non c’è la potenza sonora tipica del Brit-Pop fin dalle sue origini, che era stata codificata proprio dai fratelli Gallagher, ma l’approccio acustico mette in evidenza lo stile e la voce di un Liam in gran forma, che sono i veri protagonisti di questa esibizione. È una voce che come poche altre ha definito un periodo della storia della musica, non per la sua estensione, la sua pulizia o la sua tecnica, ma per il suo essere assolutamente unica e personale. Una voce fuori dalle mode, rock’n’roll che lui ama moltissimo, come ha ribadito anche in un’intervista a Rolling Stone qualche anno fa: «Dicono che il rock’n’ roll non se la sta passando bene, sembra che non sia più di moda, capisci? . Il rock’n’roll per me è come la ricetta di uno di quei piatti che ti prepara la mamma. Una cosa che si tramanda da una generazione all’altra e che non morirà mai, perché è buona. Per quanto mi riguarda è l’unica cosa che conta».

UNA VOCE iconica quella dell’ex Oasis, che non ha risentito del tempo passato e che, soprattutto nei pezzi degli Oasis, riporta direttamente al periodo di gloria, ma che anche nei brani scritti dopo lo scioglimento della band rimane una delle più classiche voci rock degli ultimi anni. Una di quelle che non si dimenticano, e che ricordano che forse questo genere musicale ha ancora qualcosa da dire.

Daniele Funaro

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lunedì 24 febbraio 2020

Rassegna stampa - Liam Gallagher dal vivo a Roma, la star è nuda: un vero schiaffo ai cantanti da talent show

Pubblichiamo il bell'articolo apparso sul Manifesto del 16 febbraio 2020, relativo al concerto romano di Liam Gallagher del giorno prima.

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Liam che è sempre uguale a se stesso e invece no; che gioca col “personaggio Liam” e lo trascende; che entra sul palco dinoccolandosi, si pianta dinanzi al microfono e resta lì così. Come da sempre, come con gli Oasis. Liam che ieri sera al Palazzo dello Sport (Palalottomatica) di Roma ha disvelato che è inutile agognare una reunion degli Oasis, tanto c’è lui, che in scaletta infila classici della band come “Rock’n’roll star”, con cui apre il concerto, e a seguire – citando a caso – “Columbia”, “Supersonic”, “Morning Glory”, “Live Forever”, “Stand by Me”, “Gas Panic!”, “Acquiesce”, “Roll with it”, “Champagne Supernova”, “Wonderwall”, “Cigarettes & alcohol”. E in mezzo – ma proprio in mezzo – anche i pezzi da solista (dagli album “As You Were” e “Why Me? Why Not.”): “Shockwave”, “The river”, “Wall of glass”, “For what it’s worth”, “Come back to me”, “Once”, “Halo” e “The River”.

L’artista – che stasera suona al Mediolanum Forum di Assago – è arrivato in Italia accompagnato dalla solite turbolenze: la reunion mancata degli Oasis (per colpa di Noel? Per colpa sua? O per scelta tattica di entrambi?), la voce ballerina (giorni fa ad Amburgo ha lasciato il palco dopo quattro pezzi), le faide eterne tra fratelli. Alla fine, però, resta solo il palco, giudice supremo, punto di discrimine tra bene e male. E ieri sera Liam lo dominava circondato da una band fenomenale – gli Oasis se la sognavano così compatta e implacabile – che lo ha messo a suo agio, in grado di autorappresentarsi nella sua forma più vera e intima. Raramente Liam interloquisce – sempre stracarico di splendidi “fucking this” e “fucking that” – con il pubblico, raramente manda baci, raramente invita a “stay safe”, raramente asperge complimenti su chi sta sotto il palco, raramente si mette così in gioco e così tanto.

Saranno i 48 anni, sarà che c’è anche il figlio Gene sul palco (ai bonghi), ma questo è un altro Liam, in cui lo sguardo cupo e velenoso del passato, l’automa rabbioso degli Oasis, lascia spazio a un artista “aperto”, minimale come il palco (semplice, elegante, sempre in penombra, sistemato con un rigore quasi Bauhaus), essenziale come le riprese dello show proiettate alle sue spalle, spinto dall’urgenza di disvelarsi al meglio, senza paracaduti (Noel alla voce e chitarra, ad esempio), consapevole che ogni inciampo può trasformarsi in un abisso. E sul palco si danna, avvolto nel solito parka (stavolta bianco). Cercando di direzionare al meglio – aiutato dalle tre coriste e da un pubblico estasiato – una voce che a volte non lo aiuta, che lo manda fuori tempo, che da sempre tende a sforzare troppo. Ma poco importa, quella voce è una splendida coltellata a una schiera di “bravi” cantanti da talent show, ai tanti fenomeni sanremesi, di oggi e di ieri, tanto impeccabili e “vocalmente educati” quanto vuoti.
Gallagher no, lui arriva sul palco con tutte le sue impennate vocali sgraziate e lascia il segno per come incarna il senso del rock: immaginario e furore. E non a caso sul palco campeggia solo una scritta, “rock’n’roll”, e lui stesso apre il concerto assicurando che “questo è rock’n’roll”. E da lì si parte, è una lotta costante, come quel video iniziale proiettato alle sue spalle in cui – solo, solissimo – incede sulle macerie e tra le tensioni del mondo.

Dimostrando che ormai Liam deve fare i conti solo con Liam, che stasera, come la sera prima e come nei suoi album, si gioca tutto; che questo è anche un concerto degli Oasis, che gli Oasis sono anche suoi, e poco importa che quella scaletta assomigli tanto a una sfida a Noel e alle sue riluttanze nei confronti di una reunion. L’unica cosa che conta è: “perché io? Perché no”.

(Francesco Adinolfi)

Source: Il Manifesto

Qui sotto, invece, trovate l'articolo comparso sull'edizione milanese della Repubblica di domenica 16 febbraio, in occasione dell'arrivo di Liam a Milano per la seconda tappa del tour italiano di questo mese.



Qui sotto la prima pagina di Metro Sound del 16 febbraio, numero speciale dell'edizione milanese del quotidiano gratuito Metro in distribuzione a Milano il giorno del concerto di Liam, con l'ex Oasis in copertina.



Infine ecco l'articolo del Corriere della Sera di lunedì 17 febbraio in cui si parla del concerto romano di Liam.


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