Un estratto dell’intervista esclusiva a Liam Gallagher, in copertina sul nuovo numero in edicola di Rolling Stone.
«Aspetta un attimo, lo senti?». Liam Gallagher interrompe l’intervista e corre alla finestra della sua stanza d’albergo di Londra. «C’è una banda che sta marciando proprio qui sotto, e sta suonando Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band!». Liam Gallagher, 45 anni il 21 settembre, nato a Burnage, periferia di Manchester, è rimasto lo stesso ragazzo folgorato dai Beatles che nel 1991 ha fondato gli Oasis.
Quello che ha chiamato suo figlio Lennon, e che, se gli chiedi cosa lo ha spinto verso la musica, ti risponde «Imagine». «Non ho intenzione di cambiare, mai», dice con un ghigno. È appena tornato dal festival di Benicàssim, Spagna, dove ha presentato dal vivo il suo primo album solista, As You Were. È salito sul palco di pomeriggio, lontano dagli headliner, lui che è considerato la più grande rockstar della sua generazione, anche se oggi ama definirsi: «Una leggenda come tante».
Una dimostrazione di umiltà insolita per lui, e di dedizione alla causa. Lo aveva già fatto a Glastonbury, in quel luogo simbolo della musica inglese che ha visto il trionfo degli Oasis, con il concerto epico del 1995 e l’inizio del loro declino con quello sbiadito del 2004, con la band svuotata della propria energia dall’antagonismo esasperato tra Liam e Noel.
Dopo la fine degli Oasis nel 2009 e del progetto Beady Eye (la band che ha formato con gli ex membri degli Oasis Gem Archer, Andy Bell e Chris Sharrock, con cui ha pubblicato due album entrati nella Top 5 in Inghilterra, Different Gear, Still Speeding e BE, e che ha sciolto con un tweet nel 2014), adesso Liam è solo. E non ha paura di niente. «Solo di perdere la voce e non poter cantare», dice «Perché questo è quello che faccio: canto rock’n’roll per gente che ama il rock’n’roll».
La banda che suona Sgt. Pepper’s sotto le sue finestre si è allontanata, Liam è di buonumore ed è pronto a raccontare perché ha deciso solo ora di farsi avanti da solo: «È arrivato il momento. È la mia ultima occasione, e me la voglio giocare con la mia faccia e il mio nome. In fondo si è sempre trattato di me: i Beady Eye ero io, gli Oasis ero io. Noel era solo il mio aiutante, quello che mi stava accanto con la chitarra».
“Back in business”, come ha detto annunciando l’uscita di As You Were: il nostro ragazzo (“Our kid” come lo chiamano i media inglesi), il ragazzo terribile del rock britannico, è tornato ed è più in forma che mai.
«Sono felice di essere me stesso, sono l'unico che può essere davvero Liam, quindi vaffanculo! È una cosa naturale. Mi sto divertendo, il disco è piaciuto, ai concerti è venuta un sacco di gente, canto le canzoni degli Oasis che amo di più e anche i miei pezzi nuovi. È molto meglio andare in giro a cantare, che starmene a casa seduto sul divano a non fare niente. Non vedo l'ora di fare la prossima cazzo di data. La strada è lunga, capisci? Ma io resto concentrato e vado avanti, un fottuto concerto alla volta». (...)
Per il resto dell'intervista compra Rolling Stone di settembre, disponibile in edicola a 3,90 euro.
«Sono felice di essere me stesso, sono l'unico che può essere davvero Liam, quindi vaffanculo! È una cosa naturale. Mi sto divertendo, il disco è piaciuto, ai concerti è venuta un sacco di gente, canto le canzoni degli Oasis che amo di più e anche i miei pezzi nuovi. È molto meglio andare in giro a cantare, che starmene a casa seduto sul divano a non fare niente. Non vedo l'ora di fare la prossima cazzo di data. La strada è lunga, capisci? Ma io resto concentrato e vado avanti, un fottuto concerto alla volta». (...)
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Source: Rolling Stone Italia
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