venerdì 15 settembre 2017

Liam Gallagher: "Resto fedele a me stesso, senza strategie. Oasis sciolti per l'ego di Noel"

Incontro con il musicista, che debutta da solista e giovedì sera si è esibito dalla Terrazza di piazza Duomo. "Una reunion? Zero possibilità"

di Andrea Morandi

Si può amare oppure odiare, perché è evidente che il personaggio non conosce mezze misure, ma una cosa è certa: Liam Gallagher è rimasto uno degli ultimi veri punk in circolazione, un uomo che non solo è stato capace di sabotare la macchina di sterline su cui era seduto (gli Oasis), ma a quarantacinque anni continua ancora a dire solo quello che pensa, senza filtri o edulcorazioni. Insomma, una rarità assoluta in tempi di frasi di circostanza e politically correct. 

"Ho sempre amato gli Oasis, ma per colpa delle manie di grandezza di qualcun'altro ho dovuto rinunciarci", ghigna Gallagher, seduto al ristorante del Principe di Savoia, a Milano, facendo riferimento al fratello Noel. 

"Lui voleva una carriera solista, il suo ego chiedeva sempre di più e adesso è accontentato. L'aspetto incredibile di tutta la faccenda? Che è riuscito a far ricadere la colpa su di me. E non mi interessa cosa pensano sui social o cosa si dice. Io conosco la verità". 

Otto anni dopo il litigio che fece saltare in aria gli Oasis, il 6 ottobre Liam ritorna con As You Were, primo disco solista nonché il nuovo capitolo dopo l'affossamento dei Beady Eye, la sua seconda band dopo gli Oasis. Questa volta però Gallagher - per la prima volta senza un gruppo alle spalle, dopo venticinque anni - ha fatto tutto da solo, affidandosi a due produttori, Dan Grech-Marguerat e Greg Kurstin (l'uomo dietro a 25 di Adele), e scrivendo dodici canzoni che ha poi sigillato con una sua foto in bianco e nero scattata da Hedi Slimane. 

"In realtà il gruppo ce l'ho ancora, perché suono con dei musicisti sul palco, quindi non cambia nulla. C'è solo il mio nome sulla copertina del disco, invece che quello di una band, ma la mia voce è quella, il genere è quello. Non ho voluto inventare o sperimentare nulla, il suono è quello dei miei dischi preferiti, dei Beatles, dei Kinks, degli Stones, degli Who".

Classe 1972, quattro figli da quattro donne diverse (Molly, Lennon, Gene e la piccola Gemma, che gli è costata il matrimonio con Nicole Appleton) la parabola di William John Paul Gallagher è praticamente un romanzo: nato a Burnage, periferia di Manchester, ultimogenito di una famiglia distrutta da un padre alcolizzato, prima di diventare una rockstar, è stato un adolescente a suo agio più con risse e furti che con i palchi. 

"Sono stato salvato dalla musica, la verità è questa, non so che fine avrei fatto altrimenti. Non dico sarei finito come Kurt Cobain, però le cose sarebbero state molto diverse". Poi, chiuso dentro il suo classico parka color militare, inizia a mimare la reazione che ha avuto all'ascolto dei dischi da solista di Noel: "Ho sentito per caso un pezzo in radio, e mi sono addormentato, sono finito in coma profondo, ho dovuto prendere un caffè all'istante".

Ma vostra madre cosa dice di questo litigio infinito?

"I primi anni ha cercato in tutti i modi di farci riappacificare, di trovare un punto in comune, ma non ci è riuscita. La verità è che io non piaccio a Noel, Noel non piace a me e non credo le cose siano destinate a migliorare. Una reunion degli Oasis? Al momento zero possibilità, a meno che...".

A meno che?

"Il mio disco finisca primo in classifica e lui non riesca più a vendere una copia. A quel punto probabilmente potrebbe esserci una speranza. Sicuramente non accadrà per soldi: nessuno di noi due ne ha bisogno. Comunque nel frattempo mia madre ha iniziato a bere whisky".

Quanti anni ha?

"Settantatré, adesso sta su in Irlanda. Ha la stessa età di Keith Richards? Sì, è vero, ma Richards al confronto è una mammoletta: mia madre è una donna incredibilmente forte, ha cresciuto tre figli a Manchester da sola, ne ha superate di tutti i colori. E poi è molto più cool di Richards".

Perché questo titolo: As You Were?

"Diciamo che è una dichiarazione di intenti, significa che sono di nuovo qui, sono tornato. So che qualcuno mi aspetta, qualcun'altro no, pazienza. E poi mi ricordava You Are Here, il motto di John Lennon, il mio riferimento è sempre quello in fondo, la musica degli anni Sessanta. Sicuramente non farò mai un disco ispirato ai Duran Duran o agli anni Ottanta".

Quanto è cambiato il suo modo di cantare in questi vent'anni?

"In realtà sono sempre io, la mia voce è la stessa, a volte mi viene facile farlo, a volte no, ma per me cantare significa essere vivo, mi tira fuori tante cose dal petto, da dentro. È una forma di liberazione".

Se ripensa agli anni degli Oasis ha rimpianti?

"Rimpianti? No, nessuno. Dal punto di vista personale sì, troppa cocaina, troppo alcol, ma dal punto di vista musicale? No, nulla da rimproverarmi. E oggi il mio obbiettivo è rimanere fedele a me stesso, sono sempre la stessa persona che ha iniziato negli anni Novanta con gli Oasis, nessuna strategia di marketing, nessun giochetto per rimanere in cima o finire primo in classifica. Non sono così disperato, fortunatamente".

Lo scorso giugno ha cantato a Manchester dopo l'attentato al concerto di Ariana Grande. Che effetto le ha fatto?

"È stato emozionante, intenso e anche triste. Mi hanno chiamato e sono andato subito, è stato un modo per rendere la gente felice, anche solo per un attimo, anche solo con una canzone. Non è un momento facile, ma non credo a chi dice di continuare tutto, andare avanti. Non è facile quando dei ragazzi vanno a un concerto e vengono fatti saltare in aria".

Cosa pensa della Brexit?

"Non lo so, sono onesto, non ho un'opinione a riguardo. Se penso all'Inghilterra però, non la sento come una cosa mia o della mia famiglia: viviamo tutti sotto lo stesso cielo".

Source: La Repubblica

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