È un successo il primo tour da solista dopo l’addio al capriccioso fratello Liam
Andrea Malaguti
Corrispondente da Londra
Noel Gallagher. È lunedì sera e il Re del Britpop e la sua nuova vita suonano da solisti in un posto di Londra nord che si chiama Roundhouse, vicino a Camden, un edificio di mattoni rossi che a metà 800 ospitava gli ingegneri delle ferrovie britanniche. Sembra l’arena di Mad Max, con quasi duemila persone davanti al palco e altre tremila assiepate sui due anelli che circondano le colonne d’acciaio che salgono fino al soffitto. Un megaschermo dietro la batteria, tecnici con i capelli rosso fuoco che sistemano i cavi e gli strumenti, luci basse, un discreto gruppo spalla con le chitarre elettriche troppo alte. Un posto anomalo per uno abituato a Wembley.
Ma qui ha cantato anche Patty Smith e Noel ha bisogno di un vero e proprio battesimo. La Roundhouse è perfetta per valutare gli umori del Paese. C’è un clima euforico, molta birra, gente di ogni età, ma per lo più tra i trenta e i cinquanta. Sudore. Grida sgagherate. La pancia dell’Inghilterra che fa festa nel nome di un mito che si è scansato, forse per fare posto a un altro. L’idea è cercare di capire che cosa è rimasto degli Oasis, 11 album, 70 milioni di dischi venduti e una romanzesca guerra familiare - Noel contro Liam - che ha schiantato la band dopo 18 anni di risse, sbronze, droga e successi. L’ultimo atto il 28 agosto del 2009. Noel convoca una conferenza stampa. E’ furioso: «Con grande tristezza e un po’ di sollievo annuncio che lascio gli Oasis. Con Liam non potevo lavorare un giorno di più». Una frase che molla lì in modo vago e che riprenderà poi all’Electric Cinema di Londra. «Vi ricordate il concerto del 23 agosto? Lo annullammo perché mio fratello era ubriaco. Non perché aveva la laringite». Quando si dice la goccia che fa traboccare il vaso. In questo caso era whisky. Liam negò tutto. Minacciò querele. Ma insomma la storia era finita. Ed era finita male. Ognuno per conto suo. Per questo adesso l’ex architrave degli Oasis - lui creava, Liam ci metteva la faccia e una voce migliore della sua - è qui a presentare il suo Noel Gallagher’s High Flying Birds, il primo album da solista registrato tra l’Inghilterra e Los Angeles. È uscito il 18 ottobre, dopo una settimana era in testa alle classifiche del Regno Unito, anticipato dallo spettacolare successo radiofonico di The Death of You and Me. Il 28 novembre il tour sarà a Milano.
Camicia azzurra, jeans, solita faccia da duro con l’anima, Noel si presenta sul palco alle nove spaccate. Boato, piedi che battono sul pavimento, braccia al cielo. «Noel, Noel, Noel». Lui dice grazie con una voce da Tom Waits, prende la chitarra e attacca con un classico degli Oasis. It’s Good To Be Free , è bello essere liberi. Ciao Liam, a mai più.
La balbuzie di quando era ragazzino è sparita, la rabbia di quei giorni no. Però l’ha elaborata e la tiene sotto controllo. Manchester, metà degli Anni 80. Aveva 17 anni. Il padre, alcolizzato, picchiava la madre. Una sera Noel non ci vide più, gli spaccò il naso con un pugno e quello sparì per sempre. Anche per questo non ha mai sopportato gli eccessi di Liam, le sue metanfetamine, i superalcolici, l’ossessione per John Lennon, la paura dei fantasmi, persino lo strano matrimonio con Patsy Kensit. Liam era il frontman capace di ipnotizzare il pubblico, Noel la qualità. Non è un animale da palco, ma ha un senso musicale raro, piuttosto speciale. La musica trascina il pubblico a New Orleans. È il momento di The Death of You and Me. Ragtime, una roba che gli Oasis non avrebbero mai fatto. Trombe. Tamburi. «Mi sembra di passare la vita a scappare da persone che sarebbero la morte per me e per te». Ora è ufficiale, Noel esiste anche senza Liam anche se l’ultimo pezzo, quello che fa esplodere la Roundhouse è forse un omaggio. O forse un addio. Ancora Oasis. Don’t Look Back in Anger . Non guardare al passato con rabbia. Almeno non oggi. Favolosa. Cinque minuti di applausi, poi Noel stacca il cavo della chitarra come se fosse un cordone ombelicale e gira le spalle sereno. Alla notte. A un mondo che non c’è più.
(lastampa.it)
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