venerdì 14 gennaio 2011

Brother, quei ragazzini inglesi che vogliono diventare gli Oasis

MUSICA. Senza neanche un disco, il giovane gruppo rock è finito sulle prime pagine dei giornali. Sono previsti due concerti in Italia ad aprile: a Roma e a Milano

Gli Oasis si sono sciolti per i dissidi tra il cantante Liam Gallagher e suo fratello Noel ma potrebbe esserci un altro brother di successo nel futuro del rock inglese. "Fratello", cioè Brother, si chiama infatti il giovanissimo quartetto proveniente da Slough, un sobborgo del Berkshire, contea a est di Londra, che ha avuto l'onore di finire sulla prima pagina del settimanale New Musical Express dopo aver pubblicato un singolo appena.
Le copertine di NME sono per molti versi profetiche (basti ricordare i Franz Ferdinand e i Kings of Leon, oltre che gli Oasis) e non c'è dubbio che i Brother possiedano tutto quello che occorre per sfondare: una incrollabile fiducia in se stessi, la faccia da sberle (nel senso di sfrontata) e un (piccolo, finora) arsenale di canzoni costruite su chitarre rock che piacerebbero agli Smiths, agli Stone Roses e anche ai fratelli Gallagher. Di certo hanno fatto colpo sulla Geffen, la sussidiaria della major Universal che vent'anni fa mise sotto contratto i Nirvana.
Il disco di debutto del "Fratello", prodotto da Stephen Street, uscirà in primavera, proprio nella stagione che li vedrà debuttare dal vivo anche in Italia. Finora le date fissate sono per aprile a Roma (il 4 al Circolo degli Artisti) e a Milano (il 5 alla Casa 139) ma con il battage pubblicitario in corso, state sicuri che li vedremo per molto tempo su Mtv e sugli altri canali televisivi musicali.
«Vogliamo diventare la migliore band del mondo», ammettono i quattro inglesini durante un'intervista all'interno dello stadio del Queens Park Rangers di cui sono tifosi. «Lo so, suoniamo arroganti ma è solo fiducia nei nostri mezzi. Siamo convinti della qualità della nostra musica. Ci crediamo così tanto che non avrebbe senso non ammetterlo: vogliamo diventare la band più grande del mondo. Nessun gruppo di oggi avrebbe il coraggio di dirlo ma per noi è diverso: abbiamo fegato e lo diciamo. Tutto qua».
E a proposito del loro genere, non hanno paura di ricevere addosso l'etichetta di "pop britannico" che vide rivali, durante gli anni '90, gli Oasis e i Blur? «No, se volete chiamarci Brit-pop, per noi va bene. E se volete definirci "grit-pop" (un gioco di parole con il verbo "to grit", digrignare i denti, ndr), ci può anche stare. Chiamateci come volete; non c'interessa. Comunque sia, pensiamo che le nostre canzoni siano fantastiche: sono dei grandi inni rock, tra i migliori incisi nell'ultima decade».
La loro protervia arriva a dare fastidio, eppure, di fronte a gioiellini rock come New year's day, Time machine e Darling buds of may, verrebbe proprio da crederci. «Tra un anno», fanno gli spacconi, «torneremo a Slough, dove abbiamo girato il nostro primo videoclip, e ci saranno 10mila persone ad aspettarci».

Giulio Brusati
(bresciaoggi.it)

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