domenica 4 marzo 2018

La vendetta di Liam Gallagher: è stato il suo anno

La rivista NME gli ha appena tributato la sua onorificenza più illustre. “Godlike Genius” con tanto di statuetta a forma di gigantesco dito medio. Liam Gallagher è tornato, in grande stile, sorprendendo molti e forse anche se stesso. Sì perché da quando i fratelli Gallagher sono diventati i “Caino e Abele” della musica, sulle sue spalle ha sempre volteggiato come un gufo del malaugurio una presunta verità, ripetuta, sussurrata o pensata talmente tante volte che viene da domandarsi se non ci abbia creduto lui stesso qualche volta: “Liam Gallagher è un cantante mediocre, privo di talento, che se non fosse per le canzoni di suo fratello sarebbe finito ubriaco in qualche pub di Manchester”.

Il destino poi vuole che, a discapito di quanto detto più volte, l’ex frontman degli Oasis decida di pubblicare un disco da solista, As You Were, con solo un mese di anticipo sull’uscita della nuova fatica del genio di famiglia Noel. Era ancora una volta lì pronta ad aspettarlo l’eterna infame comparazione che, secondo le previsioni di tutti, avrebbe salutato con piacere l’ennesima brillante produzione dell’uno e sancito l’ultimo fiacco tentativo da parte dell’altro di tornare ai fasti degli Oasis. Mancava solo il “ciak, si gira”, uno sceneggiatore non avrebbe potuto orchestrarlo meglio.

Liam in concerto a Milano il 26 febbraio
Come nei film fatti bene però, quelli che ancora riescono a tenerti incollato allo schermo, non sarebbe potuta andare più diversamente di così. Mentre gran parte della critica e pubblico sta ancora cercando di capire le sperimentazioni new age di Noel e della sua suonatrice di forbici, il disco del presunto “fratello scarso” ha conquistato tutti. Disco di platino, un tour che è andato completamente sold out in meno di 2 ore, critica e pubblico ai suoi piedi e, soprattutto, la netta sensazione che la musica abbia ancora maledettamente bisogno di uno come lui.

È stato un disco potente nella sua semplicità e, come detto dallo stesso Gallagher, “non c’era l’ambizione di scoprire la ruota” (probabilmente riferendosi ai tentativi estrosi del fratello) o di fare un disco che sarebbe passato alla storia della musica. C’era la voglia di fare un disco Rock and Roll in un periodo in cui nessuno sembra più interessato a farlo. In un momento storico in cui le vere rockstar si contano sulle dita di una mano, diventa quindi vitale che quelle poche riescano a mettere i propri demoni nel cassetto anche solo per il tempo di un disco.

Detrattori, per uno come lui che la parola moderazione non sa dove sia di casa, ce ne saranno sempre, e a tutti quelli che speravano che As You Were sarebbe stato l’ennesimo buco nell’acqua discografico, non è rimasto che ritornare alla vecchia storia che Liam non ha scritto quelle canzoni ma che anzi sia stato aiutato da un team di produttori di primissimo livello (Andrew Wyatt e Greg Kurstin su tutti). Anche su questo, la risposta del frontman “made in Manchester” è la migliore che si potesse dare:

“Sono sempre stato un cantante di una band. Qualsiasi cosa mi porti su quel palco va bene. Non scrivo canzoni, l’ho detto più di una volta. Non farò mai un album interamente da solo con una chitarra. Sergio Aguero (attaccante della sua squadra del cuore, Manchester City, ndr) non difende, ma quando la palla arriva in attacco la ficca dentro. Non sarà un calciatore capace di fare tutto, ma lì davanti comanda lui. Ecco, io mi vedo così”.

Liam in concerto a Parigi il 2 marzo
Chiedere a un fan degli Oasis chi si preferisca tra Noel e Liam è un po’ come chiedere ad un bambino se vuole più bene alla mamma o al papà, e posso capire come, risolti alcuni dissidi interiori, la scelta ricada, per quasi tutti, su Noel. La storia della musica è sicuramente dalla sua parte, così come la qualità delle sue canzoni, sia con gli Oasis che come solista, è un biglietto di sola andata per l’immortalità. Nulla da aggiungere a riguardo. Tuttavia, ritengo che il talento di Liam sia largamente sottovalutato e viziato da un fraintendimento di fondo che da sempre è legato a cosa voglia dire essere una “Rockstar”.

Sì, perché essere una “rockstar” non dovrebbe limitarsi al suonare uno strumento e scrivere belle canzoni. Una rockstar degna di questo nome dovrebbe essere qualcuno capace di dire la cosa giusta nel momento sbagliato, di dire quello che tutti pensano ma non hanno il coraggio di dire, di stare immobile su un palco senza mossette o inutili fronzoli, armato di niente se non di un tamburello e di una straripante personalità. Attitudine e credibilità. Liam Gallagher le ha entrambe, e quando ho avuto la fortuna di vederlo live durante la data londinese del suo tour trionfale, è apparso lampante come alla sua gente non possa fregare di meno di una stonatura o se la sua voce non è più ruggente come ai tempi di Morning Glory. La gente lo ama perché è autentico, specie nel suo essere adorabilmente insopportabile. I suoi tweet molesti, le sue interviste sopra le righe, la benedetta voglia di provocare sempre e comunque perché se sei un artista e non sfidi l’ordine costituito, che razza di artista sei?

Un andare contro tutti e tutto che è durato per troppo tempo per essere solo un’astuta trovata di marketing per far parlare di sé. Vittima della croce di non essere capace di essere nient’altro che sé stesso. È stato il suo anno, pochi dubbi a riguardo. Degna rivincita per tutti coloro che durante la loro vita sono sempre stati all’ombra di qualcun altro. Del domani non c’è certezza, e non mi sento di garantire che questa luminosa pagina della sua carriera sia destinata a durare per sempre ma, forse, il suo bello sta proprio in questo. Perchè ogni rockstar è destinata a cadere, Liam nel corso della sua carriera è caduto più volte, fragorosamente. Oggi, per la prima volta nella sua vita, i riflettori sono tutti su di lui. Qualcosa nel suo sguardo sembra rivelare la consapevolezza che si potrebbero spegnere da un momento all’altro. Ma, come dice una famosa canzone degli Oasis, essere una rockstar non è un premio alla carriera, a volte lo si può essere anche solo per una notte.

Diego Carluccio - Rolling Stone - 23 febbraio 2018

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