Ieri Red Hot Chili Peppers, stasera Prodigy, domani il ritorno dei Cure. Prima di loro, sul palco, altri personaggi spesso più interessanti: ieri, per esempio, un concerto che era una specie di brit-cocktail pop/rock di Noel Gallagher, ex Oasis approdato a uno stile di libertà e sapienza con i suoi High Flying Birds, nuova band con la quale ha inciso un bel disco l’anno scorso: tra l’altro, ha chiuso con Don’t Look Back in Anger degli Oasis, quasi a voler trovare pacificazione col passato.
Ritrovarlo a 45 anni, il capello che incanutisce, l’aria sobria e quietamente divertita nella conversazione, fa un certo effetto. Tipo da spiaggia, Noel. Provinciale senza orpelli, pazzo per il calcio e soprattutto per il suo Manchester: qualche tempo fa ha intervistato Balotelli, e gli ha persino chiesto notizie della sua fidanzata Raffaella. Proprio lei, Noel, con una vita inseguita dal gossip... Sorride divertito: «Il fatto è che la BBC non era mai riuscita a intervistare Balotelli e lui ha posto come condizione che lo facessi io. Ci siamo molto divertiti, mi fa specie che sia così giovane, te ne accorgi solo quando gli sei davanti. Negli Europei, è stato il più sorprendente di tutti i giocatori. Ma comunque ho capito dall’esperienza dell’intervista che preferisco rispondere, piuttosto che fare domande».
Già, quand’è stata l’ultima volta che le hanno chiesto quando rimettete insieme gli Oasis, lei e il suo fratello-coltello Liam? «Due minuti fa, prima di entrare nel camerino a parlare con lei. Mille volte. E rispondo sempre uguale: mai. E loro mi dicono, sicuri: ma sarà nel 2014, sarà nel 2015 o 17. Non so perché dicano queste date, che conti facciano. Non importa quel che gli dico, tanto». Lei sembra molto sereno, direi pacifico. Parla volentieri, senza nemmeno un «fuck», che le è successo? «È l’età! Invecchi, i bimbi crescono e io ne ho tre, ormai: una ha 12 anni. Quando avevo 22 anni, e incontravo tanti giornalisti più grandi di me, non avevo storie da raccontare. Ora che ne ho tante, mi tocca quasi sempre dirle a dei ragazzi».
Si dice che lei stia lavorando a un disco di musica psichedelica che dovrebbe pure uscire presto. È vero? «Lavorarci sì, ci lavoro, ho incontrato degli amici che fanno bene questo genere, ma non so se i miei fans saranno tutti contenti. Però ho un bimbo che è nato mentre incidevo l’album con i Flying Birds e non l’ho visto crescere: dunque finito il tour voglio prendere una pausa. Quando me ne sono andato dagli Oasis, non ho fatto nulla per due anni, poi una mattina mi son svegliato e non ho pensato di essere una rockstar, ma solo alla musica: e mi sono rimesso a scrivere».
Lei quest’anno ha già girato per mille Festival, dal Coachella fin qui. Le piace, suonare ai Festival? «È un privilegio. Non puoi dare una prospettiva al tuo lavoro solo davanti ai tuoi fans. Se stai, come stasera, fra Pittbull e i RHCP, tutto cambia. Chi ha inventato i Festival è un genio». Lei dà un’idea di grande libertà... «Libero son sempre stato, faccio quel che mi piace: non reggae, non jazz».
Vede intorno una musica che darà il segno al futuro? «Saranno i giovani a decidere quel che sarà grande. Così vanno le cose. Oggi, con tanta tecnologia e social network, il potere della musica si è molto diluito. Leggi su Twitter squarci di poesia, e magari uno si accontenta di quello invece di scrivere una canzone. Ma la cultura dei giovani non morirà, e se il rock è morto, il suo spirito sopravvive».
(La Stampa - 6 luglio 2012)
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