Vedi anche: I BEADY EYE INFIAMMANO TREZZO SULL'ADDA
2009: gli Oasis suonano al Forum di Assago e al PalaLottomatica di
Roma, registrando il tutto esaurito in poche ore. 2014: il 75% di quella
band (ovvero Liam Gallagher, Gem Archer ed Andy Bell) suona al Live
Club di Trezzo sull’Adda, con biglietti ancora disponibili al botteghino
un’ora prima del concerto. Il paragone risulta sicuramente impietoso e
forzato (ai Beady Eye manca un certo Noel Gallagher), ma è d’obbligo,
visto che una eventuale reunion della band di Manchester riempirebbe gli
stadi di mezzo mondo. Reunion che – sia ben chiaro – dopo gli stracci
volati in questi anni sarebbe a dir poco squallida, marchiata a vita
dalla puzza del vil denaro. Anche per questo motivo il progetto Beady
Eye (seppur deludente sotto tanti punti di vista) merita rispetto.
Il Live Club di Trezzo è un locale un po’ fuori mano per chi è
abituato ai concerti a Milano, ma estremamente organizzato: si trova
appena fuori dal casello autostradale, dispone di un parcheggio immenso e
gratuito (è parte integrante di un centro commerciale) e presenta
un’ottima acustica al suo interno, decisamente non troppo capiente.
Non c’è nessuna band di supporto, ma un dj set d’eccezione che rende
ancor più nostalgica la serata: a mettere i dischi è infatti Paul
Gallagher (fratello di Liam e Noel), perfetto esempio di come si possa
campare di rendita alla grande grazie ad illustri parentele. Il suo
intermezzo musicale è piacevole (Sex Pistols, Stone Roses e Kinks tra
gli artisti selezionati) ma eccessivamente lungo: due ore sono troppe
anche per il più invasato nostalgico della scena brit.
Alle 22.00 salgono finalmente sul palco i Beady Eye, capitanati da
uno scheletrico Liam Gallagher, una volta tanto senza capelli lunghi e
occhiali da sole. La band nata dalle ceneri ancora calde degli Oasis
comincia subito forte con Flick Of The Finger,
uno dei migliori brani dell’ultimo album (il buon “BE”) che perde però
tanto senza la sezione di fiati al seguito. Peccato, ma è uno dei
pochissimi pezzi ad avere una resa live inferiore alle aspettative. Il
concerto, infatti, decolla rapidamente grazie a Face The Crowd e Four Letter Word,
canzoni rock senza troppi fronzoli che rappresentano alla perfezione il
progetto Beady Eye: un gruppo con capacità tecniche straordinarie
(ricordiamo anche Chris Sharrock e Jay Mehler, membri semiufficiali
rispettivamente di Oasis e Kasabian) che però a livello compositivo
palesa parecchi difetti.
Altro esempio lampante di quanto detto è Soul Love, brano con
un ritornello debole ma che grazie alla bravura della band dal vivo fa
la sua onesta figura. Ci sono poi canzoni dove i Beady Eye danno il
meglio di loro stessi: il vago sapore 60’s dell’irresistibile I’m Just Saying è il momento più alto della serata insieme alla splendida e malinconica Start Anew,
che conferma le capacità del più giovane dei Gallagher nel comporre
ballate di un certo effetto (accadeva già negli Oasis, ma di questo
parleremo dopo).
Convincono anche la beatlesiana The World’s Not Set In Stone, l’introspettiva Soon Come Tomorrow e l’eclettica Wigwam, che con le sue audaci tastiere anni ‘80 rappresenta un piacevolissimo diversivo nel corso del live.
Tutto liscio dunque? Non proprio. I Beady Eye piazzano in scaletta due plagi abbastanza clamorosi: sopra le strofe di The Roller viene quasi naturale cantare “Instant Karma” di Lennon, mentre Shine A Light
contiene parecchi elementi di “Desire” degli U2 e “Sympathy For The
Devil” degli Stones, mica roba da poco. Fin qui ordinaria
amministrazione, ma è con la scelta delle cover degli Oasis che Liam
Gallagher (padrone indiscusso della serata: presenza scenica imponente
ed una voce in parziale ripresa) la fa davvero sporca. Se si parte
dall’ovvio principio che le canzoni sono di chi le compone (e non di chi
le canta), che senso ha ostinarsi a proporre dal vivo brani composti
dell’odiato fratello, come Cigarettes & Alcohol e soprattutto Wonderwall?
Nessuno. Una scelta incomprensibile, anche perché Gallagher Jr., Archer
e Bell hanno composto ai tempi degli Oasis canzoni di ottimo livello:
tanto per fare un esempio una scaletta arricchita da “I’m Outta Time”,
“Songbird”, “To Be Where There’s Life” e “A Bell Will Ring” sarebbe
stata un gran bel sentire.
Invece la band compie una scelta quasi umiliante se pensiamo alle parole di Noel Gallagher (“I Beady Eye possono suonare le mie canzoni, basta che mi paghino i diritti”).
Ma è il segno dei tempi. Una volta era Knebworth, ora Trezzo sull’Adda.
Una volta era Oasis vs. Blur, ora Gallagher vs. Gallagher.
SETLIST: White Smoke (intro) – Flick Of The Finger – Face The
Crowd – Four Letter Word – Soul Love – Second Bite Of The Apple – Iz
Rite – Shine A Light – Wonderwall – The World’s Not Set In
Stone – I’m Just Saying – Soon Come Tomorrow – Cigarettes & Alcohol – The Roller – Start Anew – Bring The Light – Wigwam
– Gimme Shelter
di Karol Firrincieli - Link to the original article
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