Arriva in Italia per due date a Milano e Roma il gruppo di Liam Gallagher. Tgcom24 ha incontrato il chitarrista Andy Bell
Per i Beady Eye non è stato semplice. Raccogliere l'eredità degli Oasis, dopo la traumatica rottura tra Liam e Noel Gallagher, è stato naturale, ma poi si è trattato di andare avanti con un nuovo nome e una nuova storia, ricostruendo un seguito e una credibilità. Il loro secondo lavoro "Be" è stato utile in questo senso, grazie ai molti consensi ricevuti. "Le reazioni all'album sono state buone e questo ci ha fatto piacere perché credevamo molto in questo lavoro", dice Bell. "Poi è arrivato anche il gradimento del pubblico, il tour è andato alla grande. Insomma, è stato un anno importante per noi".
Sono passati parecchi mesi dalla pubblicazione di "Be". Ancora pienamente soddisfatto o cambieresti qualcosa?
Non cambierei nulla. Credo sia un'ottima fotografia di quello che abbiamo passato mentre lo stavamo preparando.
Oggigiorno le vendite di cd sono crollate. Cosa credi che conti allora di più per un artista? Il fatto che si parli del proprio album, l'apprezzamento della critica, o gli eventi live?
Di fatto penso che il flusso di introiti per un artista non sia molto diverso da quello di una volta. A meno che tu sia un artista di quelli molto famosi allora è probabile che guadagni un po' di meno rispetto a qualche tempo fa. I grossi cambiamenti sono avvenuti soprattutto per chi gestisce il lato affaristico della musica, non per noi. Facciamo i dischi come li facevamo prima e il nostro obiettivo è salire sul palco per far divertire la gente il più possibile.
L'ultima evoluzione nella fruizione della musica sono i servizi di streaming, in grande crescita. Cosa ne pensi?
Ormai è tardi per focalizzarsi sul fatto se sia positivo o meno. La realtà è che questo ormai è il presente della musica. Per quanto mi riguarda, per molte è band può essere positivo poter raggiungere in modo più accessibile la loro musica. Mi piace avere tutto a dispozione così facilmente. In ogni caso questa è la situazione, vedremo come si evolverà nel futuro.
Quando suonate dal vivo avvertite la differenza nelle reazioni del pubblico da Paese a Paese?
È molto divertente vedere come il pubblico reagisce diversamente. In concerto riceviamo molta energia da chi viene a vederci e quindi non è indifferente suonare in posto piuttosto che un altro. Può sembrare scontato ma devo dire che i fan italiani sono molto caldi e molto attaccati alla band, sin dai tempi degli Oasis. Ci piace suonare da voi.
In Italia suonerete in club di piccole dimensioni (Live Music Club di Trezzo sull'Adda e Orion Live Club di Ciampino), mentre a breve parteciperete a un festival molto importante come il Coachella. Cambia per voi l'approccio a due situazioni così diverse?
I festival sono una bella occasione perché spesso hai davanti davvero tanta gente ma è anche molto difficile. In genere noi non siamo headliner, e questo significa suonare a mezza giornata con set che durano al massimo un'ora, dove dobbiamo mettere dentro i pezzi più conosciuti. Tanto più che la maggior parte della gente è lì per altri artisti e magari nemmeno ci conosce. Nei nostri tour suoniamo più a lungo e soprattutto siamo liberi di suonare quello che preferiamo.
Negli anni '90 il Brit pop ha vissuto il suo momento d'oro. Cosa resta di quel movimento oggi?
Molti dei musicisti di allora ancora fanno musica e davvero buona. Penso ai Primal Scream o agli Stone Roses. Poi ci sono altri gruppi che stanno tornando insieme. Credo che di fatto gli anni 90 siano ancora fortemente presenti nella testa della gente.
Il successo di quei gruppi e del grunge, ha fatto sì che il pop in quel decennio avesse una connotazione molto rock, Cosa pensi della scena pop di oggi?
Per fortuna ci sono ancora delle isole rock importanti. Gli album dell'anno scorso degli Arctic Monkeys e dei Queen Of The Stone Age sono davvero belli. Ma è innegabile che la scena mainstream sia diventata molto pop. È un processo naturale, ci sono momenti in cui l'elettronica e suoni più sintetici diventano lo standard per i brani che dominano le classifiche. Non lo so, forse per un po' di tempo le chitarre sono andate fuori moda, ma torneranno sicuramente.
Sono passati parecchi mesi dalla pubblicazione di "Be". Ancora pienamente soddisfatto o cambieresti qualcosa?
Non cambierei nulla. Credo sia un'ottima fotografia di quello che abbiamo passato mentre lo stavamo preparando.
Oggigiorno le vendite di cd sono crollate. Cosa credi che conti allora di più per un artista? Il fatto che si parli del proprio album, l'apprezzamento della critica, o gli eventi live?
Di fatto penso che il flusso di introiti per un artista non sia molto diverso da quello di una volta. A meno che tu sia un artista di quelli molto famosi allora è probabile che guadagni un po' di meno rispetto a qualche tempo fa. I grossi cambiamenti sono avvenuti soprattutto per chi gestisce il lato affaristico della musica, non per noi. Facciamo i dischi come li facevamo prima e il nostro obiettivo è salire sul palco per far divertire la gente il più possibile.
L'ultima evoluzione nella fruizione della musica sono i servizi di streaming, in grande crescita. Cosa ne pensi?
Ormai è tardi per focalizzarsi sul fatto se sia positivo o meno. La realtà è che questo ormai è il presente della musica. Per quanto mi riguarda, per molte è band può essere positivo poter raggiungere in modo più accessibile la loro musica. Mi piace avere tutto a dispozione così facilmente. In ogni caso questa è la situazione, vedremo come si evolverà nel futuro.
Quando suonate dal vivo avvertite la differenza nelle reazioni del pubblico da Paese a Paese?
È molto divertente vedere come il pubblico reagisce diversamente. In concerto riceviamo molta energia da chi viene a vederci e quindi non è indifferente suonare in posto piuttosto che un altro. Può sembrare scontato ma devo dire che i fan italiani sono molto caldi e molto attaccati alla band, sin dai tempi degli Oasis. Ci piace suonare da voi.
In Italia suonerete in club di piccole dimensioni (Live Music Club di Trezzo sull'Adda e Orion Live Club di Ciampino), mentre a breve parteciperete a un festival molto importante come il Coachella. Cambia per voi l'approccio a due situazioni così diverse?
I festival sono una bella occasione perché spesso hai davanti davvero tanta gente ma è anche molto difficile. In genere noi non siamo headliner, e questo significa suonare a mezza giornata con set che durano al massimo un'ora, dove dobbiamo mettere dentro i pezzi più conosciuti. Tanto più che la maggior parte della gente è lì per altri artisti e magari nemmeno ci conosce. Nei nostri tour suoniamo più a lungo e soprattutto siamo liberi di suonare quello che preferiamo.
Negli anni '90 il Brit pop ha vissuto il suo momento d'oro. Cosa resta di quel movimento oggi?
Molti dei musicisti di allora ancora fanno musica e davvero buona. Penso ai Primal Scream o agli Stone Roses. Poi ci sono altri gruppi che stanno tornando insieme. Credo che di fatto gli anni 90 siano ancora fortemente presenti nella testa della gente.
Il successo di quei gruppi e del grunge, ha fatto sì che il pop in quel decennio avesse una connotazione molto rock, Cosa pensi della scena pop di oggi?
Per fortuna ci sono ancora delle isole rock importanti. Gli album dell'anno scorso degli Arctic Monkeys e dei Queen Of The Stone Age sono davvero belli. Ma è innegabile che la scena mainstream sia diventata molto pop. È un processo naturale, ci sono momenti in cui l'elettronica e suoni più sintetici diventano lo standard per i brani che dominano le classifiche. Non lo so, forse per un po' di tempo le chitarre sono andate fuori moda, ma torneranno sicuramente.
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