Un altro pezzo della nuovissima intervista che Liam ha rilasciato al numero di febbraio 2020 della rivista MOJO.
Hai detto che non ti sei interessato di musica fino a quando hai scoperto gli Stone Roses all’età di 16 anni. Ma di sicuro prima di allora avrai sentito delle cose a casa che hanno avuto un impatto su di te.
Be’, mio padre faceva il dj part-time nei bar irlandesi. Quindi aveva un grande sistema di amplificazione e tutti questi dischi. Tornavamo da scuola, guardavamo Grange Hill o aspettavamo Top of the Pops e lui registrava i suoi dischi su nastro. Tu facevi: “Ma c’è Top of the Pops, stronzo!”. Allora lui andava a riprodurre questi nastri nei ritrovi per irlandesi. Noi eravamo lì. Eravamo i suoi roadie, penso. Poi Noel iniziò a suonare la chitarra … In realtà anche il mio babbo aveva una chitarra. Non so se fosse granché, ma penso che fu allora che Noel iniziò a prenderla in mano. Il mio fratello maggiore, Paul, era preso dai Jam e da Beat, Selecter e UB40. Noel era più preso dal punk e io condividevo la stanza con Noel, quindi mi beccavo tutto quello. La roba di Paul sembrava più normale, mentre i Damned e i Pistols, per un 13enne, erano una cosa che ti faceva dire: “Cos’è tutta ‘sta roba spaventosa?”. Arrivarono gli Smiths e pensai: “Questa roba è piuttosto buona, ma è un po’ troppo da studenti”. Poi arrivarono gli Stone Roses ed è stato tutto lì. Avevano un look molto simile a quello dei ragazzi delle nostre parti.
Quindi ti piacevano loro tanto quanto la loro musica?
Totalmente. Ian Brown non era un cantante particolarmente bravo, ma pensai: “Potrei farlo”. Sono stati la mia epifania. Andai a vedere i Roses nell’89 all’International 2 di Manchester e ricordo che tornando a casa dopo il concerto pensavo: “Non lavorerò, mi troverò una band”. La musica dei Roses era tutta movimento.
Il loro senso della melodia ti parlava?
Ogni volta che mettevo su le canzoni dei Roses non era solo roba triste. Era soleggiato, capisci? Anche se venivano da Manchester, era una cosa del tipo: “Come fanno a fare questa musica in questa cazzo di città tetra e piovosa?”. Universi paralleli. Fuori diluvia e i suoni ti portano da qualche altra parte. Cominciai a rendermi conto che la musica era magica. Ancora oggi posso mettere su quel primo album e ricordarmi cosa indossavo, con chi uscivo, quale erba fumavo, con quale punteggio veniva asfaltato il City …
Be’, mio padre faceva il dj part-time nei bar irlandesi. Quindi aveva un grande sistema di amplificazione e tutti questi dischi. Tornavamo da scuola, guardavamo Grange Hill o aspettavamo Top of the Pops e lui registrava i suoi dischi su nastro. Tu facevi: “Ma c’è Top of the Pops, stronzo!”. Allora lui andava a riprodurre questi nastri nei ritrovi per irlandesi. Noi eravamo lì. Eravamo i suoi roadie, penso. Poi Noel iniziò a suonare la chitarra … In realtà anche il mio babbo aveva una chitarra. Non so se fosse granché, ma penso che fu allora che Noel iniziò a prenderla in mano. Il mio fratello maggiore, Paul, era preso dai Jam e da Beat, Selecter e UB40. Noel era più preso dal punk e io condividevo la stanza con Noel, quindi mi beccavo tutto quello. La roba di Paul sembrava più normale, mentre i Damned e i Pistols, per un 13enne, erano una cosa che ti faceva dire: “Cos’è tutta ‘sta roba spaventosa?”. Arrivarono gli Smiths e pensai: “Questa roba è piuttosto buona, ma è un po’ troppo da studenti”. Poi arrivarono gli Stone Roses ed è stato tutto lì. Avevano un look molto simile a quello dei ragazzi delle nostre parti.
Quindi ti piacevano loro tanto quanto la loro musica?
Totalmente. Ian Brown non era un cantante particolarmente bravo, ma pensai: “Potrei farlo”. Sono stati la mia epifania. Andai a vedere i Roses nell’89 all’International 2 di Manchester e ricordo che tornando a casa dopo il concerto pensavo: “Non lavorerò, mi troverò una band”. La musica dei Roses era tutta movimento.
Il loro senso della melodia ti parlava?
Ogni volta che mettevo su le canzoni dei Roses non era solo roba triste. Era soleggiato, capisci? Anche se venivano da Manchester, era una cosa del tipo: “Come fanno a fare questa musica in questa cazzo di città tetra e piovosa?”. Universi paralleli. Fuori diluvia e i suoni ti portano da qualche altra parte. Cominciai a rendermi conto che la musica era magica. Ancora oggi posso mettere su quel primo album e ricordarmi cosa indossavo, con chi uscivo, quale erba fumavo, con quale punteggio veniva asfaltato il City …
traduzione di oasisnotizie - Source: MOJO, February 2020
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