lunedì 3 maggio 2021

Noel Gallagher si confessa a GQ: "Gli Oasis erano diventati un marchio, da solista mi sono liberato. Sui social offese nei miei confronti"

Intervista a Noel Gallagher realizzata dalla rivista britannica GQ (numero di maggio 2021). Prima parte della nostra traduzione.

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Incontriamo negli studi di Tileyard a Kings Cross, a Londra, un Noel Gallagher dal tono conviviale per parlare dei premi Uomo dell'anno di GQ ("se ci sono, ci siamo dentro") e delle sue vacanze. Forse è lecito dire che sembra che stia invecchiando in un modo più dignitoso del suo fratello rock: ha ancora i suoi capelli, la voce e – grazie a Dio –  buon gusto nella scelta delle scarpe.


Noel, non ti farò domande su tuo fratello, ma torniamo all'inizio: sei appena uscito dagli Oasis, la più grande band della tua generazione, e te ne stai seduto a casa a chiederti cosa fare. Cosa ti passava per la testa?

Ero sicuro di una sola cosa, che non avrei fatto nulla. Quindi mi sono preso un anno pieno di pausa e per quell'anno non ho pensato a niente, cosa che normalmente faccio ogni volta che finisco un tour. Ci prendevamo un bel po' di tempo libero e tornavamo alla vita normale. Poi, dopo circa un anno, una sera sono andato a letto, senza pensare a niente di particolare, e poi mi sono svegliato l'indomani e ho fatto: "Bene, facciamo un disco". Non ho avuto una band o un nome per la band finché non ho finito il disco e stavamo per uscire, per cui me la sono presa con calma. Non ho affrettato niente.  Fino a che non ho registrato l'album, non sapevo se avrei cantato. Avevo intenzione di fare queste canzoni e vedere come sarebbero parse e mi sono parse grandiose. E poi ho pensato: "Bene, è meglio che scelga un cazzo di nome per la band!".

Il nome si ispira ai Jefferson Airplane, vero?

Sì. È proprio stupida questa storia. Ricordo che una sera in auto passai vicino allo Shepherd's Bush Empire, tornavo a casa dallo studio di registrazione e provavo a visualizzare il mio nome con le luci. E pensai: "No, devo inventare un altro nome" (come dice Noel stesso, il suo nome non è esattamente Ziggy Stardust, ndr). L'indomani stavo usando la lavastoviglie e la radio era accesa. Non so su quale stazione fosse sintonizzata, ma misero su qualcosa dei Peter Green's Fleetwood Mac e poi trasmisero la cover di High Flying Bird fatta dai Jefferson Airplane. Pensai a 'Fleetwood Mac', qualcosa del genere, e poi pensai ad 'high flying birds'. Feci un rapido controllo per vedere se fosse coperto da copyright e non lo era, per cui pensai: "Grandioso!". Non ci ho pensato molto su, in realtà.

Perché l'avversione per l'idea di fare il solista?

Suppongo fosse una questione di sicurezza di sé. Venendo da qualcosa di così significativo e avendo un'identità così forte, penso che una parte di me non volesse dare l'impressione che stessi solo andando in tour a suonare i miei successi. E basta. Quindi penso sia stata un po' una cosa a metà strada. L'ho falsificato un po', dato che è un nome di una band, ma dentro ha il mio nome. E suonava fico. L'ho scritto su varie cazzo di cose, poi l'ho fissato e ho pensato: "A dire il vero sembra proprio fico. Vada per questo!".

Ho letto in varie interviste che hai detto che hai dovuto cambiare il modo in cui componi. È vero?

Totalmente. Quando scrivi per una band che è diventata un marchio e un cazzo di business enorme – e questo lo dico solo con il senno di poi, dato che all'epoca non me ne rendevo conto – stai scrivendo con il peso del marchio che incombe su di te. Le canzoni devono suonare in un certo modo per vendere 70 milioni di dischi e non vorrai mica mandare tutto all'aria per un capriccio. Molte delle prime canzoni degli High Flying Birds in realtà erano state scritte per gli Oasis, ma dato che io non sono un marchio, e gli High Flying Birds non sono un marchio, potevo fare qualunque cosa volessi. Quando sei i Metallica, i Red Hot Chili Peppers, le masse si aspettano un certo tipo di cosa da te. La maggior parte delle band famose non deviano mai dal cammino e gli Oasis erano diventati così. Sai, si fa questo: c'è un certo sound e c'è un certo posto dove si suona e la musica deve riempire quel posto. Quindi una volta che mi sono scrollato di dosso quella cosa, come compositore ho provato una sensazione di liberazione.

Ricordo che Bono una volta disse che gli U2 in studio si preoccupavano quando qualcuno diceva che quello che stavano facendo era "interessante", dato che con gli U2 non si poteva fare quella cosa lì. Si devono scrivere canzoni degli U2 che suonino grandiose in uno stadio.

È vero, anche se probabilmente sono la band più flessibile tra tutte quelle band famose, dato che ogni tanto cambiano rotta. Quando sono andato in tour con loro, ho detto ad Adam Clayton che ricevevo ancora molta merda dai fan degli Oasis perché stavo usando i sintetizzatori e lui mi ha detto che ha subito la stessa cosa con Achtung Baby. Ho detto: "Sì, ma tu non dovevi fare i conti con i social, per cui non avevi idea di cosa stesse dicendo la gente". Io non sono sui social, ma il mio business lo è, e le offese da parte dei fan degli Oasis sono peggiorate man mano che si andava avanti. Ma non puoi lasciare che loro ti ordinino cosa fare. 

Un tempo ho fatto il rock da stadio e non penso di essere capace di rifarlo. A metà del mio primo tour, avevo fatto il tutto esaurito alla O2 Arena e la cosa non mi faceva sentire a mio agio. Perché a) sentivo di non averla guadagnata e b) Pensavo che la gente stesse venendo a vedere il tizio degli Oasis "e farebbe meglio a fare queste cazzo di otto canzoni!", cosa che, ovviamente, non ho fatto, e che non ho mai suonato da allora. Mi trovo più a mio agio nei teatri, dove puoi interagire un po' con il pubblico. Nei palazzetti, invece, il pubblico si aspetta un certo tipo di resa, che non sono in grado di garantire.

Per anni Paul McCartney non ha parlato dei Beatles, ma più invecchia, più acquista titolarità di quell'esperienza. Quando hai lasciato gli Oasis hai parlato con qualcuno che aveva vissuto qualcosa di simile?

L'unica persona a cui ho chiesto è stato Paul Weller, che è uno dei miei amici di più vecchia data, e il suo atteggiamento verso tutto questo è stato: "Si fottano!", il che è grandioso. Quindi solo dopo un po' mi sono accorto che in realtà gli High Flying Birds sono i miei Style Council. Quando di recente ho visto il documentario su di loro, mi è parso tutto chiaro: avevano una ragazza di colore nella band e io ora ho una ragazza di colore e una ragazza francese, e così via. I fan dei Jam dicevano a Weller: "Che cazzo stai facendo?". E i fan dei Jam e i fan degli Oasis vengono dalla stessa stoffa, hanno quell'atteggiamento molto "da ragazzo" e sono guidati dall'identità.

Quando suoni una canzone degli Oasis, è una cosa che costruisce molto l'identità: è un pezzo che conoscono tutti e il posto va in visibilio, cazzo. Poi suoni la tua roba nuova e c'è un netto calo nel numero di persone che la apprezzano. E tra queste canzoni la gente reclama costantemente roba che hai scritto vent'anni fa, ma o affondi e nuoti o devi guardare queste persone negli occhi e dire: "Vadano a fanculo!". Weller non ha mai suonato qualcosa dei Jam, che io sappia, per dieci anni, e neanche allora suonava A Town Called Malice. Sento che se suonassi Don’t Look Back in Anger, Wonderwall e Half The World Way e non fosse abbastanza, penserei: "Non vi basta? Cos'altro volete?".

Cosa dovevi raggiungere che non avevi giù raggiunto con gli Oasis?

Ero arrivato a 43 anni ed ero in una band che aveva cambiato il mondo, ma che era costruita sui litigi. E pensavo: "Ho due cazzo di figli!". Questa era la parte che si ritiene che io dovessi godermi. Mi sarei dovuto preoccupare di comprare una cazzo di spiaggia, non di litigare con chi ci sosteneva. Viaggiare per il mondo e avere 5mila o 20mila persone che si innamorano di te simultaneamente ogni sera è la cosa più bella che tu possa fare, ma non quando, sulla strada per andare al concerto, litighi per il tour manager. Era una cosa che mi distruggeva l'anima e io volevo essere felice. Alcune persone pensano che quello che io faccia sia dannatamente terribile e alcuni pensano che sia meglio di quello che facevo prima. Quindi dipende tutto dall'ascoltatore.

Quando sono giunto al (momento di comporre il) terzo album, Who Built the Moon?, prodotto da David Holmes, ho pensato che forse fosse il momento giusto per mandare tutto all'aria, dato che avevo fatto due album basati sulle chitarre. Inoltre non volevo molti altri tizi sul palco. Ho sempre avuto ragazze che cantano nella mia roba da solista, quindi è divenuta una cosa naturale. Quando eravamo in America per una cazzo di cosa, ed eravamo tutti ammassati nello stesso camerino, ragazze e ragazzi, e le nostre ragazze si mettevano il trucco e i ragazzi erano seduti lì a parlare di calcio, uno di loro mi ha detto: "Scommetto che non avresti mai pensato che saremmo diventati così, vero?". In realtà io programmavo che fosse una cosa così, come un circo itinerante.

Anche se non sei sui social, c'è la tentazione di sbirciare oltre le spalle delle altre persone per vedere cosa si dice?

No. Come sai, non ne viene fuori mai qualcosa di buono, ma non saresti umano se la tua canzone fosse lì e non pensassi: "Mi chiedo cosa ne stia dicendo la gente". Onestamente della cosa non mi è mai importato finché è uscita Holy Mountain. Ho parlato con qualcuno del mio ufficio e ho chiesto quale fosse stata la reazione a quel brano. E mi hanno detto che era varia. Ho detto: "Be', è sempre varia". E mi hanno detto "molto varia".

Quando ho conosciuto David Holmes, il modo in cui ha parlato di come avremmo fatto il nuovo disco è stato cruciale. "Guarda, quello che fai con quella chitarra acustica è incredibile. Tutti lo amano, ma non vuoi fare della musica del tipo che ti piace ascoltare?". E io: "Sì". E mi ha tirato fuori tutti questi dischi poco noti, il cazzo di kraut rock, e mi ha fatto: "Che ne pensi di questi?". Li amavo, cazzo. E lui: "Bene, allora. Faremo un pezzo così". Ed è davvero liberatorio sentire queste parole da un produttore, perché io ho lavorato con produttori che sapevano quale disco farti fare prima di venire all'incontro, perché la cosa fa bene a loro. Per ogni cosa che facessi che avesse un minimo segno di qualcosa di tradizionale, Holmes diceva: "No, rifalla!". Sai, ricordo di aver scritto otto ritornelli per una canzone e ogni volta il ritornello migliorava. E pensavo: "Che cazzo vuole questo tizio?". Sono arrivato al nono ritornello e lui mi ha detto: "È questo!". È stato grandioso essere stimolato così. Quindi il prossimo album dovrebbe essere dannatamente grandioso.

Source: GQ UK
traduzione di oasisnotizie - Fine parte 1 di 3

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