Ora Liam Gallagher fa una vita sana, ma tranquilli: “non sono
diventato un fottuto Sting, né faccio del fottuto Yoga”, ci racconta.
È tranquillo, disponibile e sereno. Si presta volentieri al rito dell'intervista e ragiona lucido sui suoi pregi e suoi limiti come artista. Può sembrare stupefacente, per uno che ha sempre lottato con la stampa e si è sempre presentato in maniera piacevolmente arrogante. Ma questo è il Liam del 2019: la carriera solista e la nuova famiglia gli hanno fatto bene.
Why me? Why not. (in uscita il 20 settembre) confermerà quanto di buono ci aveva raccontato As you were, il primo disco a suo nome. Certo, è sempre Liam: rimpiange gli Oasis, spara frasi ad effetto su tutto e tutti, spesso condite da un "foookin" o da un "shit". Ma mentre il fratello si dà al "cosmic pop", lui spiega perché non potrà mai allontanarsi dalla sua musica, e come si può essere un rocker anche senza tirar tardi la sera e andando a correre la mattina presto.
Intervista di Gianni Sibilla
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Partiamo dal titolo del disco: ce lo spieghi?
È ispirato da John Lennon, da due sue dipinti. 20 anni fa sono andato ad
un’esibizione di opere di Lennon curata da Yoko Ono, a Monaco, ho
visto questo suo quadro, con la scritta “Why me?” e l’ho comprato. Anni
dopo ho incontrato Yoko Ono a New York, e mi ha raccontato che ne aveva
dipinto un altro, contemporaneamente, e mi ha promesso di mandarmelo.
L’ho trovato tornando a casa: c’era John Lennon su una nuvola con due
gatti, e il titolo era “Why not”. Per cui ho pensato che un giorno
quella frase mi sarebbe torna utile.
Potrebbe suonare come un titolo arrogante.
La gente potrebbe pensare che sia cocky (arrogante, ndr), è nel mio stile. Ma è solo
una dichiarazione di positività. E non siamo più nel 1975, in cui si
facevano titoli chilometrici…
Le canzoni sono state di nuovo scritte con Greg Kurstin e Andrew Wyatt, come in As you were.
Avevo alcune idee, e ho pensato che questo disco doveva essere migliore
del precedente. Conosco i miei limiti, so che non sono un cantautore, e
so che per fare di meglio dovevo farmi aiutare da qualcuno. Gli ho
mandato le bozze, hanno tenuto i pezzi buoni e completato il resto. L’approccio è lo stesso, ma ci siamo presi un po’ più di tempo, senza
lavorarci troppo o troppo poco. Abbiamo pensato a quando aprire il forno
perché il cibo era cotto a dovere.
Ammettere di conoscere i propri limiti è una affermazione tosta, per una rockstar…
No, è facile in realtà, serve per liberarsi delle stronzate. Non sono
Noel Gallagher o Paul McCartney. Ma so che come cantante nessuno mi può
dare lezioni. Se mi posso concentrare su un’interpretazione killer, il
risultato è migliore. Non sono un egomaniaco, anche se so di poterlo
sembrare.
Tuo fratello, nel frattempo ha abbandonato il rock, mentre tu
lo stai portando avanti. Qual è lo stato del rock secondo te? È ancora
attuale?
Il rock sta tornando, le chitarre stanno tornando. Non credo di essere
l’ultimo artista rock, ma sono il migliore. Faccio il lavoro che ha
inventato Elvis: non ho inventato io la ruota, ma cerco di riportare il
rock alla gente, cerco di soddisfare il mio pubblico. Voglio fare
divertire chi si fa il culo per pagare per venire ai miei concerti. Poi
se vende o no, chi se ne frega. Se vuoi vendere, fai delle copie, tipo
Ed Sheeran e merda del genere…
Noel in concerto a Barolo (Cuneo) il 4 luglio scorso |
Noel non è mai stato un rocker. Scrive canzoni, ma per quanto possa
pensare di essere un bravo cantante, non lo è. Non è capace di fare una
bella interpretazione vocale, non ha quella capacità, così diluisce
tutto per sentirsi a suo agio mentre canta. Non è a suo agio con il rock
’n’ roll. Forse è invecchiato, magari quella musica piace a sua moglie o
non gli piace vedere la gente che salta ai concerti. Ma questo è quello
che fa ora, e io non ho nessun desiderio di cambiare il mio genere di
musica.
Cosa è cambiato in questi due anni, dopo l’esperienza con i Beady Eye?
Ho delle canzoni migliori perché lavoro con grandi autori. Anche nei
Beady Eye c’erano bravi songwriter, lavorare con loro dopo gli Oasis mi è
servito per guadagnare in sicurezza. Poi i concerti sono un’altra
storia: ti può capitare la serata storta, ma credo che il 90% di quelli
che faccio siano ottimi.
Da quando ti presenti come solista, però sembri più a tuo agio. Ha influito anche la vita privata?
Ho una bella famiglia, mi sento in salute. Mia madre è ancora viva. Gli
avvocati sono andati affanculo dopo che la mia ex moglie si è presa le
mie case e pure i cani. Mi sono costruito una nuova vita, una nuova fase
dopo quelle degli Oasis e quella dei Beady Eye. Debbie mi ha rimesso in
pista: senza di lei sarei ancora a bere e fare il cazzone in un pub.
È vero. Non ho più il fisico per stare in piedi fino a tardi a bere e
sparar cazzate, o per reggere hangover di 4 giorni. Non posso. Così mi
alzo presto, prima che inizi il caos, mi faccio una passeggiata o vado a
correre, mi prendo un po’ di tempo. Ma non sono diventato un fottuto
Sting, né faccio del fottuto yoga…
Nel disco tuo figlio suona in una canzone. Ha una carriera in vista?
È davvero bravo, suona la batteria da quando ha sei anni e ha qualcosa
di Keith Moon. Ma non vuole fare il batterista perché sa che sono quelli
che non vengono considerati dalle ragazze.
Pensi che questa tua direzione continuerà?
Perché no? Tranquilli, non ho intenzione di fare un disco reggae o disco
o qualcosa del genere… Voglio canzoni che suonino naturali per me,
prendendo uno passo alla volta, vedendo cosa succede.
Però hai detto più volte che ti piacerebbe che tornassero gli Oasis. Che senso avrebbe?
Il fatto è che preferisco stare in una band e voglio bene a quei
ragazzi, nonostante tutta la merda che ci siamo tirati addosso. Gli
Oasis erano una cosa importante. Sono felice di quello che faccio, non
dico che rivorrei gli Oasis ad ogni costo. Non voglio riformare gli
Oasis, ma vorrei che non si fossero mai sciolti.
Dieci anni dopo quel 28 agosto del 2009 in cui la band si sciolse: perché pensi che sia finita quella storia?
Ho la sensazione di essere stato travolto, di essere stato spinto sotto
un bus. Molti fan pensano sia stato io la causa, ma gli Oasis si sono
sciolti per colpa di tutti, anche se Noel l’ha raccontata diversamente.
Se Noel avesse voluto finire la storia degli Oasis, avrebbe potuto dirlo
direttamente invece che mettermi in mezzo, dicendo che era perché non
ce la faceva più a lavorare con me. Se ammettessimo entrambi che siamo due stronzi, il mondo sarebbe un
posto migliore. Lui pensa di essere migliore di me, ma ho mostrato che è
uguale a me. Non è il mio boss o mio padre, e io non sono il suo. Non
mi deve niente e io non gli devo niente. Io vorrei che lui fosse felice,
ma non credo che lui voglia che io sia felice.
Non è solo Noel, infatti. È anche il tutto il casino di certi
giornalisti, che quando mi vedono fanno i simpatici, poi appena ti giri
scrivono stronzate: per quello ho smesso di fare interviste con i
magazine. Ogni tanto potrei anche lasciar perdere, ma non è possibile.
Se loro la smettessero, la smetterei anche io. Ma se scrivi cazzate, non
sto lì a guardare e ti correggo.
Qual è la formazione degli Oasis che preferisci?
La prima. Quando sono arrivati Gem e Andy siamo diventato più musicali,
abbiamo perso un po’ di carica, eravamo più punk, in un certo senso. Ma
sono orgoglioso del mio passato, così come lo sono del mio presente.
Alcuni tuoi colleghi, invece, sembrano avere un rapporto
complesso con il passato. Quando diventano solisti, per esempio,
smettono di suonare le canzoni delle loro band.
Sì, triste, vero? Infatti ora suonano nei pub… La gente viene ai concerti per sentire le tue canzoni, quelle che
conosce. Non farle sarebbe una mancanza di rispetto. Fuck that! Suonerò
quelle canzoni fino al giorno della mia morte.
Source: Rockol
Source: Rockol
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