Pubblichiamo di seguito la nostra traduzione della recensione che, sul numero di ottobre 2019, la rivista inglese Q ha fatto di Why Me? Why Not., album di Liam Gallagher in uscita il 20 settembre (clicca qui per leggere l'originale).
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È solo rock ’n’ roll
Liam si gioca ancora una volta i propri punti di forza. E la risurrezione dell’ex frontman degli Oasis continua.
Alla fine del 2017, mentre esaminava il successo del suo debutto come solista, Liam Gallagher iniziava a puntare gli occhi su come ripetere il trucco. Gli era chiaro come avrebbe dovuto essere il suo disco successivo: la stessa cosa. Rock ’n’ roll classico, grandi canzoni da cantare tutti insieme, un paio di ballate e, a differenza della band di suo fratello, nessuno che suonasse le forbici. Forse il seguito sarebbe stato un po’ meno apologetico, aveva detto a se stesso. Qualcosa di leggermente più chiassoso. Era di nuovo al settimo cielo. Non aveva bisogno di continuare a chiedere scusa.
Questa ritrovata convinzione scorre per tutto Why Me? Why Not., proprio fino al punto posto alla fine del titolo. Nei produttori Andrew Wyatt e Greg Kirstin, entrambi al lavoro già per As You Were, Liam ha trovato delle pellicole che capiscono l’importanza di attingere dal vuoto a forma di Oasis che è rimasto nel panorama musicale. Malgrado siano trascorsi ormai dieci anni dallo scioglimento, si può affermare che il motivo per cui i concerti di Courteeners, Catfish and the Bottlemen, Gerry Cinnamon e DMAs è che i fan cercano la next big thing, la prossima grande novità. Per i suoi fan Liam era gli Oasis: componi le canzoni giuste con lo spirito giusto e la porta è spalancata.
Come era avvenuto per il suo debutto, canta con un rinnovato vigore, assente nel decennio precedente. La sua voce sembra oscillare tra due modalità: emotivamente tenera e emotivamente agitata. Molte di queste canzoni parlano ovviamente di Noel. Chi altro potrebbe cantare con un tale ringhio la glam rock Shockwave, con il suo testo sulle pugnalate alle spalle? E chi altro potrebbe cantare con tale vulnerabilità, appena dopo in scaletta, la cadenzata One of Us, con un verso che fa: “ti comporti come se fossi smemorati, dicesti che avremmo vissuto per sempre”? La chiave è il modo in cui Liam presenta la complessità dei rapporti con tale semplicità.
Raramente Liam ha cantato meglio di così e le canzoni si adattano perfettamente. Once è un inno lento che suona come Richard Ashcroft dell’epoca Urban Hymns che riscrive All Around the World e, con la sua orchestra incombente e l’immaginario fatto di pistole cariche, la traccia che dà il titolo all’album, Why Me? Why Not., potrebbe essere la sigla di James Bond. Gone sarebbe la sua cugina per i titoli di coda, dato che ricorda la grande strimpellata di D’You Know What I Mean? prima di virare delicatamente su un fantastico finale dalla sfumatura gospel.
La migliore di tutte è Now That I’ve Found You, che, sciolta e con un groove da pop rotolante, parla di come Liam abbia riparato la relazione con la figlia Molly. Il ritornello è incoraggiante e speranzoso: quando Liam fa sul serio, la sua voce è una cosa potente. I momenti più rock non sono mai pesanti pesanti, anzi, procedono spediti con la resa velenosa di Liam che li solleva.
È un disco che ha una o due canzoni di troppo. Misunderstood, per esempio, è una ballata acustica con archi come ce ne sono troppe e sembra che Glimmer, che si muove dolcemente, sia alla fine non per dare al disco una gloriosa chiusura, ma perché il quattordicesimo posto in scaletta è un posto decente in cui nascondersi.
A parte questo, però, Why Me? Why Not. è un trionfo, un disco che dimostra come As You Were non era un colpo di fortuna e che Liam Gallagher si è davvero rimesso in carreggiata per bene e ora è ufficialmente un grandissimo artista solista contemporaneo. Date un’occhiata ai concerti e vedrete ragazzi che canteranno i testi di queste canzoni con lui. La voce dell’ultima generazione è voce anche di questo. Perché lui? E chi altro se no?
Niall Doherty, Q
Tracce da ascoltare: Now That I’ve Found You, Why Me? Why Not., Invisible Sun.
Alla fine del 2017, mentre esaminava il successo del suo debutto come solista, Liam Gallagher iniziava a puntare gli occhi su come ripetere il trucco. Gli era chiaro come avrebbe dovuto essere il suo disco successivo: la stessa cosa. Rock ’n’ roll classico, grandi canzoni da cantare tutti insieme, un paio di ballate e, a differenza della band di suo fratello, nessuno che suonasse le forbici. Forse il seguito sarebbe stato un po’ meno apologetico, aveva detto a se stesso. Qualcosa di leggermente più chiassoso. Era di nuovo al settimo cielo. Non aveva bisogno di continuare a chiedere scusa.
Questa ritrovata convinzione scorre per tutto Why Me? Why Not., proprio fino al punto posto alla fine del titolo. Nei produttori Andrew Wyatt e Greg Kirstin, entrambi al lavoro già per As You Were, Liam ha trovato delle pellicole che capiscono l’importanza di attingere dal vuoto a forma di Oasis che è rimasto nel panorama musicale. Malgrado siano trascorsi ormai dieci anni dallo scioglimento, si può affermare che il motivo per cui i concerti di Courteeners, Catfish and the Bottlemen, Gerry Cinnamon e DMAs è che i fan cercano la next big thing, la prossima grande novità. Per i suoi fan Liam era gli Oasis: componi le canzoni giuste con lo spirito giusto e la porta è spalancata.
Come era avvenuto per il suo debutto, canta con un rinnovato vigore, assente nel decennio precedente. La sua voce sembra oscillare tra due modalità: emotivamente tenera e emotivamente agitata. Molte di queste canzoni parlano ovviamente di Noel. Chi altro potrebbe cantare con un tale ringhio la glam rock Shockwave, con il suo testo sulle pugnalate alle spalle? E chi altro potrebbe cantare con tale vulnerabilità, appena dopo in scaletta, la cadenzata One of Us, con un verso che fa: “ti comporti come se fossi smemorati, dicesti che avremmo vissuto per sempre”? La chiave è il modo in cui Liam presenta la complessità dei rapporti con tale semplicità.
Raramente Liam ha cantato meglio di così e le canzoni si adattano perfettamente. Once è un inno lento che suona come Richard Ashcroft dell’epoca Urban Hymns che riscrive All Around the World e, con la sua orchestra incombente e l’immaginario fatto di pistole cariche, la traccia che dà il titolo all’album, Why Me? Why Not., potrebbe essere la sigla di James Bond. Gone sarebbe la sua cugina per i titoli di coda, dato che ricorda la grande strimpellata di D’You Know What I Mean? prima di virare delicatamente su un fantastico finale dalla sfumatura gospel.
La migliore di tutte è Now That I’ve Found You, che, sciolta e con un groove da pop rotolante, parla di come Liam abbia riparato la relazione con la figlia Molly. Il ritornello è incoraggiante e speranzoso: quando Liam fa sul serio, la sua voce è una cosa potente. I momenti più rock non sono mai pesanti pesanti, anzi, procedono spediti con la resa velenosa di Liam che li solleva.
È un disco che ha una o due canzoni di troppo. Misunderstood, per esempio, è una ballata acustica con archi come ce ne sono troppe e sembra che Glimmer, che si muove dolcemente, sia alla fine non per dare al disco una gloriosa chiusura, ma perché il quattordicesimo posto in scaletta è un posto decente in cui nascondersi.
A parte questo, però, Why Me? Why Not. è un trionfo, un disco che dimostra come As You Were non era un colpo di fortuna e che Liam Gallagher si è davvero rimesso in carreggiata per bene e ora è ufficialmente un grandissimo artista solista contemporaneo. Date un’occhiata ai concerti e vedrete ragazzi che canteranno i testi di queste canzoni con lui. La voce dell’ultima generazione è voce anche di questo. Perché lui? E chi altro se no?
Niall Doherty, Q
Tracce da ascoltare: Now That I’ve Found You, Why Me? Why Not., Invisible Sun.
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