mercoledì 28 febbraio 2024

Leggi Liam Gallagher sul Corriere della Sera: "Io e Squire, con orgoglio rock. Noel ha deciso di non fare più la rock star"



PARIGI
 - Se Liam Gallagher è diventato ed è ancora una Rock’n’Roll Star, come cantava quasi trent’anni fa nella prima canzone del primo album degli Oasis, è in virtù di una rivelazione, un’apparizione, l’aver visto in concerto la persona che gli siede accanto adesso, nell’hotel parigino. «Avevo 16 anni e sono andato a un concerto degli Stone Roses — racconta Liam —. Era la prima volta che li vedevo ed è stato il massimo. John (Squire, ndr) era il loro chitarrista, il migliore. Ho sentito che avevo trovato il mio posto nel mondo e chi era intorno a me provava la stessa cosa, non ero solo io, capisci cosa intendo? È stato uno choc per tutti noi del pubblico, fantastico. Per quanto mi riguarda, quella sera ho capito che dovevo anche io fare parte di una band e che la musica sarebbe stata la mia vita». Oggi Liam Gallagher e John Squire dopo la fine degli Oasis e degli Stone Roses pubblicano un album che è esattamente quello che ci si potrebbe aspettare dalla migliore voce e dalla migliore chitarra del rock inglese degli ultimi anni. I singoli Just Another Rainbow e Mars To Liverpool sono già in testa alle classifiche, il Brit-pop colpisce ancora con una sorta di supergruppo.

«Ma non mi è mai piaciuta la definizione Brit-pop per la musica degli Oasis e per questa — dice Liam —. Brit-pop va bene per Blur, Elastica, Menswear, non per noi, che eravamo più classici, più rivolti alla tradizione dei Beatles, Kinks, Faces, The Who». Anche John Squire rivendica radici che sono più rock che pop: «Da quando ho cominciato a suonare la chitarra, attraverso Jimi Hendrix mi sono appassionato ai grandi chitarristi di blues rock inglese, Jeff Beck, Jimmy Page, Eric Clapton, ho sempre amato gli Stones. Li ho ascoltati così tanto che viene fuori dal modo in cui suono». Per esempio in pezzi come I’m a Wheel o You’re Not The Only One, omaggi al rock psichedelico degli anni 60 e 70 più che al brit-pop di inizio 90.

Liam e John sembrano fatti l’uno per l’altro, da un punto di vista musicale e non solo. Sarà l’età (51 e 61), saranno gli eccessi nei gruppi passati, ma oggi sono due rockstar gentiluomini e tra un fucking e l’altro Liam quasi si scusa di trovare l’album favoloso: «Direte che sono il solito arrogante ma non mi sorprende che l’album stia andando bene, perché non bisogna essere scienziati spaziali per capire certe cose. Abbiamo dei gran pezzi, John suona alla grande, io canto bene, il basso (del produttore Greg Kurstin, ndr) è eccezionale, la batteria (di Joey Waronker, ndr) pure. Non sono io a essere arrogante, è proprio l’album che è venuto bene». John dice di avere mandato i primi demo «con la chitarra fuori tempo» a Liam e di averli ricevuti indietro con la voce sopra, «lì mi sono convinto che dovevamo andare avanti, perché anche su quelle registrazioni di fortuna la voce di Liam sulle mie canzoni era perfetta».

La collaborazione potrebbe continuare perché «la gente continua ad amare la musica vera, suonata e cantata davvero, anche se YouTube è pieno di fake fatti con l’intelligenza artificiale. Ma è come guardare una partita vera allo stadio, o giocare a Fifa sulla playstation», dice Liam. Per John «è una questione di respiro. Nella voce vera c’è qualcosa che si connette con l’ascoltatore a un altro livello».

La storia degli Oasis è ferma a quel 28 agosto 2009, quando l’ennesima lite tra Liam e il fratello Noel fece saltare il concerto qui a Parigi, e la band. Da allora le possibilità di una reunion sono un tormentone. Ultime puntate: «Chiami lui», «no chiami lui», «sì, bevevo, e anche lui, ma a un certo punto Noel si è trasformato in Ronan Keating (l’ex cantante perfettino dei Boyzone, ndr) e ha deciso che la vita da rockstar non andava più bene», «e tutto per andare in tour adesso con il cantante dei Kasabian, Tom Meighan» (accusato nel 2020 di avere aggredito la fidanzata). Qui a Parigi, la città della fine degli Oasis, inevitabile rifare il punto. Reunion? «No». Neanche in agosto per i trent’anni di Definitely Maybe? «No, niente da fare purtroppo». Si va avanti, c’è il tour con John Squire. «Andremo a Milano — dice Liam —, uno dei posti che mi piacciono di più perché i fan sono pazzi. Forse anche in America, ma io adoro suonare in Italia, Francia, Irlanda, Gran Bretagna. Mi piace la vecchia Europa».

Stefano Montefiori
(Corriere della Sera, 28 febbraio 2024, pag. 38)

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