La prima volta che ho messo piede al Forum era il 2000.
Treno Roma-Milano, il mio accompagnatore è Simone, mio cugino. Aveva
sentito parlare degli Oasis solo da me, ma neanche una nota conosceva.
In quel tempo (perché di religione si tratta) chiunque avesse avuto a
che fare con me, chiunque mi girasse intorno, aveva una storia diretta
con i fratelli Gallagher. La brit mania aveva impossessato praticamente
tutta la mia generazione. A metà degli anni 90 ci si riconosceva per
strada, noi che appartenevamo a quel club di frangette, di Adidas e
Clarks, di Parka, di ossessionati dal mondo anglosassone, meglio
dall’isola Inghilterra perché l’America ancora non aveva partorito gli
Strokes.
Fu un concerto particolare quello del 2000 al Forum di Assago,
semplice: mancava Noel, il capo, la testa, la penna, il malinconico.
Mancava Noel, ma piansi lo stesso, forse piansi anche di più. C’era uno
striscione, mi ricordo che recitava così: «Where is Noel while we were
gettin’ high?», tratto da frase epica di Champagne Supernova,
una canzoncina qualunque, piccola, così piccola che ci ha fatto drogare
tutti senza dover prendere la droga. Quelle canzoni che ti fanno salire
la felicità e il mondo incantato davanti agli occhi dall’inizio alla
fine. Ecco cosa sono stati per noi gli Oasis in quegli anni: sogno. O
meglio, la forza di farci sognare, la forza di farci vivere un sogno.
Quando Liam entra sul palco tu vuoi essere lui, nessun altro. Vuoi
essere la sua giacca jeans, vuoi il suo pantalone beige e ti chiedi
perché quel pantalone a lui stia così bene e a te nessun pantalone al
mondo starà mai così bene.
C’abbiamo provato tutti nei nostri primi demo a fare il
suono delle chitarre degli Oasis ma nessuno ci è mai riuscito. C’abbiamo
tutti messo “stars” e “sunshine” nei nostri primi testucoli in inglese
ma mai avevano la stessa potenza e lo stesso impatto che avevano queste
parole quando uscivano dalla bocca di quei maledetti di Manchester! Però
vi assicuro che ci abbiamo tutti provato, sbattendoci fortemente il
muso. Ricordo che a ogni canzone che partiva in quel concerto spaccavo
le palle a una bionda vicino a me, la coprivo di aneddoti e urlacci
all’orecchio. Ti chiedo scusa ancora oggi. Se leggi questa storiella io
ero quello con la felpa blu e rossa, ce l’ho ancora oggi.
Momento di muro del pianto di quella notte: Acquiesce.
Canzone in cui Liam canta le strofe e Noel il ritornello, ma Noel lì su
quel palco non c’era e allora Liam gira il microfono e fa cantare il
pubblico al posto del fratello. Valle di lacrime. Ma la cosa che mi
rimase più impressa di quell’evento fu la portata che ebbe sulla mia
personalità. Il mattino seguente presi il treno Milano-Roma e di fronte a
me sedeva un uomo sulla quarantina con impermeabile marrone, quotidiano
in mano, e con la fottutissima tendenza a produrre con la bocca ogni
dieci secondi una specie di suono catarroso misto a tossetta antipatica e
rantolo schiarisci-gola. Stava veramente innervosendo tutta la carrozza
perché andava avanti con questo suoni senza sosta da quando si era
seduto. A un certo punto intervengo, cioè, sono appena stato al concerto
della band meno educata del pianeta, chi potrà mai fermarmi: «Scusi
signore, potrebbe smettere di fare quel rumore con la bocca?», «Sì, mi
scusi, certo». Non l’ha più fatto. Giuro, non l’ha più fatto. Magari
l’ho salvato da una nevrosi, da un tic. Quella richiesta senza quel
concerto non l’avrei mai fatta.
Tommaso Paradiso
Source: 24 Il Magazine - Il Sole 24 Ore
Vedi anche: Tommaso Paradiso canta gli Oasis a DeeJay Chiama Italia
Thanks to Cristian
OasisNotizie è di nuovo su Facebook. Aiutaci a ripartire e crescere con un like alla nostra pagina. Clicca qui.
Nessun commento:
Posta un commento