Intervenuto su Sportitalia (video qui sotto), Marco Materazzi è tornato a ironizzare su Noel Gallagher, noto tifoso del Manchester City, al quale ha replicato dopo l'uscita nel corso del recente concerto a Milano.
Incalzato dalla conduttrice Valentina Ballarini, Materazzi ha detto: "Parla troppo dell'Inter invece di parlare del City. Se nemmeno suo fratello gli vuole bene un motivo ci sarà. Litiga anche con suo fratello, quindi dov'è la novità? Se litigasse con me non ci sarebbe alcun tipo di problema. L'anno scorso si è presentato male: ha detto che in finale avrebbe voluto l'Inter e per poco non ci lasciava le penne. Anche lì abbiamo dimostrato di essere una grande squadra e lui lo dovrebbe sapere. È tornato a San Siro (il 7 novembre per la partita contro il PSG, ndr) dicendo che tifa per il Milan e ci sta, perché è lecito, e il giorno dopo a Milano poteva evitare quello che ha detto".
Qualche giorno fa Materazzi, commentando con una storia di Instagram il gesto di Noel (che dal palco di Milano l'8 novembre, accanto al cartonato di Pep Guardiola, aveva dedicato la canzone Don't look back in anger ai tifosi interisti e poi aveva fatto il dito medio a uno spettatore che gli aveva lanciato una sciarpa dell'Inter), aveva dato al musicista del pagliaccio.
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In concerto ieri sera al Mediolanum Forum di Assago (Milano), Noel Gallagher ha dedicato il celebre brano Don’t Look Back in Anger (letteralmente "non guardare indietro con rabbia") ai tifosi dell’Inter. Accanto al cartonato del suo amato Guardiola, sul palco accanto a sé, la star britannica ha voluto “salutare” i sostenitori dell'Inter, sconfitta nella finale di Champions League dal Manchester City qualche mese fa, dedicando loro uno dei più grandi successi degli Oasis.
Il gesto ha suscitato la riprovazione dell'ex calciatore dell'Inter Marco Materazzi, che nelle proprie storie di Instagram ha rilanciato il post della Gazzetta dello Sport mettendo una enorme faccia di pagliaccio sulla foto di Noel.
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Io questa sera ho capito per la prima volta cosa significhi essere Noel Gallagher.
Perché puoi avere avuto il coraggio di lasciare la band che hai fondato e con cui hai venduto oltre 70 milioni di dischi in tutto il globo; perché puoi pure averne fondata un’altra che porta il tuo nome e che sta sulle scene da ormai 15 anni; puoi avere avuto collaborazioni con il gotha della musica mondiale che vanno dagli Who ai Chemical Brothers, passando per Coldplay, Prodigy, Beck, Paul Weller, Johnny Marr (che ha partecipato in ben tre dei pezzi dell’ultimo album “Council Skies”) ma ci sarà sempre quello stronzo che ti chiede «Oh, mi fai So Sally can wait?!?»
E partendo da questo aspetto, allora capisci perché ti trovi di fronte ad un concerto in cui Noel insieme ai suoi High Flyng Birds riempie il Forum di Assago e lo fa cantare a squarciagola… le canzoni degli Oasis! Ma approfondiamo questo concetto con la cronaca dell’evento.
La band sale sul palco con precisione svizzera alle 20.30, in formazione classica: Gem Archer (chitarra solista), Russell Pritchard (basso), Mikey Rowe (tastiera), Chris Sharrock (batteria) e le coriste Audrey Gbaguidi, Jessica Greenfield e Charlotte Marionneau. Noel segue a ruota e si presenta con Pretty Boy, il primo singolo dell’album 2023, che è proprio uno di quei tre pezzi in collaborazione con l’ex leader dei Jam, che è anche stato di recente remixato da Robert Smith dei Cure.
Neanche il tempo di godersi il boato del Forum che lo saluta, che The Chief riparte subito con Open the Door, See What You Find, accompagnato alle sue spalle da un wall con fantasie psichedeliche anni Settanta. Al termine, del brano parte un coro per Noel che lui zittisce scherzosamente con uno «Shhhh!» e, cambiandosi la chitarra acustica con una elettrica, attacca con il brano eponimo Council Skies. Re-imbraccia di nuovo la fidata acustica e propone We’re Gonna Get There in the End, un pezzo con influenze marcatamente beatlesiana, che fai il pari con la successiva Easy Now in cui sembrerebbe quasi che John Lennon avesse fatto un’incursione in una session degli Oasis.
Dopo la carrellata dei singoli dell’ultimo album che conclude il primo set, Noel ha forse il primo vero contatto con il pubblico italiano, salutandolo con un «Ciao Milano!» che apre le danze al repertorio “storico” degli High Flying Birds: You Know We Can’t Go Back fa pestare come un matto il batterista che attiva il palazzetto, che con la prima ballad della serata We’re On Our Way Now accenna i primi cori sul ritornello, per poi portare le mani al cielo sulle note di Heat Of The Moment che sancisce il primo vero momento di sing aloud della serata. Seguono If I Had A Gun (canzone gallagheriana per antonomasia), AKA… What A Life! (che il cantante dedica ai tifosi del Manchester City) e si chiude il secondo set con la malinconica Dead In The Water che la gente canta a menadito, perché forse la percepisce come l’ideale punto di congiunzione verso i sound degli anni Novanta e della band che il Nostro aveva fondato con il fratello Liam e con altri tre squinternati di Manchester. (Il motivo per il quale credo che almeno l’80% delle persone sia qui ad Assago questa sera… a stare bassi!).
È proprio a questo punto della serata che immagino uno scenario distopico, un misto tra Squid Game e i giochi alcolici del college Americani, in cui ognuno dei presenti dovrebbe bersi a goccia un chupito ogni qualvolta che viene pronunciata la parola “Oasis“. Lo penso a ragion veduta, perchè in tutta la serata quel nome Noel non lo ha mai pronunciato e per avvisarci del cambio di repertorio, ha usato la perifrasi sibillina “adesso passiamo agli anni Novanta“: il Forum ha letteralmente ululato all’annuncio, ma forse forse dentro il cantante ha aperto la ferita che non si rimargina mai, perché in ogni data dei suoi tour il “Noel attuale” deve combattere con il “Noel degli Oasis” (Ale, bevi a goccia!) che ogni sera lo sfida a fare meglio di quello che era riuscito ad inventarsi il quel decennio mirabile. E quasi me lo vedo tornare indietro nel tempo come Marty McFly, che dice al sè stesso di (What’s the Story) Morning Glory? che se non avesse smesso di stuzzicarsi con suo fratello, a breve tutto quel successo avrebbe potuto svanire!
Mi sveglio da questo trip, quando lo sento chiederci se per caso ci ricordiamo di una canzone chiamata Stand by me cantata sempre da quel gruppetto inglese che inizia con la O: quando siamo tutti pronti a cantarla a squarciagola, lui ci dice «Bene, parlavo del suo lato B: Going Nowhere!». Nonostante l'”inganno della cadrega” (in stile mancuniano), parte ufficialmente il set delle cover degli Oasis (Ale, bevine un altro!). Con The Importance Of Being Idle, dall’alto si vede uno stormo di lucciole digitali formato dagli smartphone intenti a riprendere il primo assolo di chitarra del signor G. che poi infiamma letteralmente il Mediolanumforum con The Masterplan, un pezzo sottovalutatissimo nel ’95 (quando uscì come b-side di Wonderwall), che ha avuto una seconda giovinezza nel ’98 quando è stato pubblicato l’album omonimo (che conteneva tutti i lati b del gruppo con la O più un paio di inediti) e che oggi sembra essere diventato una sorta di inno generazionale del brit-pop: questo ovviamente a mio (in)sindicabile giudizio!. La scelta successiva di Half The World Away ad essere onesti abbassa un po’ il mood creato fino ad ora, che però ritorna immediatamente alto con Little by little che, forse complice l’acustica non troppo perfetta del palazzetto, mi è sembrata arrangiata in maniera leggermente diversa dalla versione album del 2002 – meno ballad e più distorta – chiudendo il terzo set del match tra “Noel ’90” e “Noel ’20”, avviandoci all’encore.
Il dado è tratto: la band rientra e con lei anche Noel che sadicamente ci tiene sulle spine chiedendoci se ci piaccia Bob Dylan o almeno io intendo così, ma ne ho conferma quando parte la sua cover personale di “The Mighty Quinn“.
Quando siamo pronti ad aspettarci QUELLA intro di piano, di QUELLA canzone che tutti gli chiedono e che tutti si aspettano (noi compresi, ovviamente), eccolo che ci prolunga l’attesa, proponendoci la sua versione di Live Forever che ai tempi di Definitely Maybe veniva naturalmente cantata da Liam G e che quindi nella interpretazione di Noel (comunque autore della suddetta) sortisce in qualche modo un effetto straniante. Non abbiamo però tempo di pensare alla perturbanza del pezzo appena concluso che – non prima di uno sfottò ai tifosi interisti per quanto successo nella scorsa finale di Champions – quella intro di piano arriva per davvero, viene doppiata da tre note di chitarra elettrica che lascia spazio alle parole «Sleep inside the eye of your mind…» e il resto è storia, perché ovviamente su Don’t Look Back In Anger, l’intero Forum si sostituisce alla voce del cantante per tutto il pezzo, fino ad esplodere inevitabilmente su quella benedetta/maledetta strofa «So Sally can wait, she knows it’s too late» che mi riporta al quesito iniziale, prima che The Chief e tutta la band si congedino: Noel Gallagher sarà per sempre schiavo del passato degli Oasis (Ale, bevi!) o è proprio grazie ad essi che può continuare a sperimentare in ambito musicale, con la speranza che col tempo qualcuno gli chieda implorante di fargli un pezzo dei High Flying Birds?
Con questo dubbio torno a la maison, pensando a McCartney che pur avendo ingranato qualche buon album con i Wings, si porterà per sempre dietro l’eredità ingombrante dei Fab 4; oppure a Sting, che seppur con una decina di album da solista alle spalle, avrà sempre da fare inevitabilmente i conti con il repertorio dei Police; oppure al Martellone di Boris, che nonostante tutti gli sforzi accademici ed attoriali per scampare dai suoi esordi trash-comici, si porterà sempre dietro il fardello del “bucio de culo“.
Ma per me Noel resta comunque l’icona indiscussa del brit-pop e nessuno potrà mai levargli questo scettro. Nemmeno il fratello con cui cantava nel gruppo con la O, anche se per noi Millenials sarebbe bello vederli almeno ancora una volta insieme sul palco con la formazione originaria degli Oasis (bevi!).
Visto che di reunion non se ne parla, le strade dei fratelli Gallagher sono sempre più divergenti. Liam, il frontman, ha annunciato un tour solista per celebrare i 30 anni di quel capolavoro che fu «Definitely Maybe». Dopo quella serata parigina del 2009 in cui volarono chitarre e si ruppero famiglia e band, Noel ha cercato una sua strada che, almeno nei suoni e nella ricerca, ha provato ad allontanarsi dal passato comune.
Noel, lei sarà questa sera al Forum di Assago per uno show dove protagonista è la sua musica più di quella del passato. Tocca a suo fratello incarnare l’eredità della band?
«Non credo sia proprio così in termini di eredità. Però sì, io ho pubblicato un album pazzesco e a dire la verità, se Liam non suonasse le canzoni degli Oasis non riuscirebbe a riempire nemmeno un posto da 30 persone. Quindi gli faccio gli auguri senza alcun problema: però io sono un artista che va avanti seguendo il proprio passo e scrivendo canzoni che sono tanto buone quanto quelle che ho scritto per gli Oasis».
Quelle dell’ultimo «Council Skies» sono dark e malinconiche... una cosa che uno non si aspetta da Noel Gallagher...
«Ho scritto un sacco in lockdown, e ho via materiale per altri due dischi: siccome è stato un momento abbastanza cupo probabilmente è un riflesso di quello. E forse conta anche il fatto che non stavo attraversando un momento personalmente felice. Nei concerti però questo elemento non si sente: sono sempre una grande festa».
Nella title track lei canta di una stella cadente da catturare per brindare a giornate migliori... Lei le ha vissute: quale è stata la stella cadente?
«Quella della stella è un’analogia per indicare la cattura di un sogno ma la frase si riferisce ai giorni migliori che devono ancora venire e non a quelli del passato. Non mi piace vivere nel passato».
Guardiamo al futuro allora. La preoccupa l’idea che quando lei non ci sarà più qualcuno possa aprire i suoi cassetti e i suoi archivi come è accaduto in questi giorni con «Now and Then», l’inedito dei Beatles?
«Non vorrei morire e lasciare tutto in un cassetto, vorrei che anche i brani che ritengo meno buoni uscissero. Anche perché tanti pezzi che ho pubblicato non mi sono piaciuti ma hanno trovato un pubblico che li ha apprezzati».
Gli U2 sono a Las Vegas con uno show tecnologico e spettacolare. La convince questa dimensione kolossal, o la musica rischia di andare in secondo piano?
«Io ho un approccio diverso rispetto a quello degli U2, ma quello è il più grande show sulla Terra. Io non proverei mai fare una cosa simile, ma è quello che loro fanno sempre. Non conta quanto grandi sono i loro spettacoli, hanno un frontman straordinario che è più grande dello show stesso».
Se l’A.I. è il futuro, Tik Tok è il presente. Cosa penserebbe se una sua canzone diventasse virale per merito di un balletto o una challenge adolescenziale?
«Il primo pensiero è: ma mi pagano? Se pagano non me frega nulla anche se la canta una capra...».
Il fatto che una canzone possa essere scritta da un’intelligenza artificiale la preoccupa? Il suo posto di lavoro è a rischio?
«Sparirà il ruolo di cantanti e cantautori di m... E questo non è tanto male. Ma un robot non potrà mai fare quello che faccio io. Non c’è modo che possa scrivere una canzone come “Dead to the World”: non ha la profondità emotiva per trovare quelle parole».
«Definitely Maybe» l’anno prossimo compirà 30 anni. Cosa ricorda di quel momento?
«Quando stavamo registrando quell’album pensare a 30 anni avanti nel futuro sembrava qualcosa di incredibile. Trent’anni prima era il 1964, nel mezzo dei Beatles... Pensare che sia durato così tanto fa impressione».
Lei tifa City, lo scorso giugno aveva detto di volere in finale di Champions l’Inter perché erano «scarsi»...
«In verità, l’Inter ci ha reso la serata molto difficile e sono stati quasi vicini a vincere. No, non lo ripeterei».
Seconda tappa del tour invernale di Council Skies, l'album di Noel Gallagher. Dopo essersi esibito ad Amsterdam venerdì 5 novembre, ieri sera l'ex Oasis è stato di scena a Düsseldorf, in Germania, mentre domani sarà in concerto al Mediolanum Forum di Assago (Milano).
Ecco la scaletta, probabilmente la stessa di domani in Italia:
Pretty Boy
Council Skies
Open the Door, See What You Find
We're Gonna Get There in the End
Easy Now
You Know We Can't Go Back
We're on Our Way Now
In the Heat of the Moment
If I Had a Gun...
AKA... What a Life!
Dead in the Water
Going Nowhere
The Importance of Being Idle
The Masterplan
Half the World Away
Little by Little
Quinn the Eskimo (The Mighty Quinn)(Bob Dylan cover)